Ospite di ‘Fuori Corso’ Enrico Ruggeri si racconta, sottoponendosi a un confronto generazionale tra il conduttore Matteo e Giorgio.
È online a partire da lunedì 14 aprile, alle ore 18.00, il nuovo episodio di Fuori Corso, il video-podcast autoprodotto, condotto da Matteo Di Palma con la presenza fissa di Giorgio Simonelli, disponibile su YouTube e Spotify e sulle principali piattaforme social. Ospite della settimana, Enrico Ruggeri che si racconta sottoponendosi a un vero e proprio confronto generazionale tra il conduttore Matteo e Giorgio.
Quando gli viene chiesto come vede il connubio tra musica e televisione, Enrico Ruggeri afferma: «È un abbraccio mortale. Intendo tutte le volte che la musica è stata usata per costruire storie patetiche. Un po’ il meccanismo dei talent, per esempio, che ha portato poi delle persone meritatamente al successo. Tuttavia l’orfano viene chiamato più volentieri di quello con i genitori, quello che ha avuto due o tre disgrazie è avvantaggiato nella selezione».
Fuori Corso: Enrico Ruggeri, Gli Occhi del musicista e La Caverna di Platone
Il cantautore parla poi della sua recente esperienza televisiva su Rai 2 con il programma Gli occhi del musicista. «Faccio una cosa che non esiste in nessuna televisione. – dichiara – Faccio musica dal vivo portando in tv persone che non ci vanno mai. Perché oggi i cantanti in televisione sono quei 20, 25 tutti riconducibili a un’area di potere precisa. Si invitano tra di loro, fanno i feat tra di loro, tutto tra di loro. Io ho portato Finardi, Paolo Jannacci, Paolo Fresu, Cristiano De André, un sacco di giovani, ragazzi che fanno cose molto interessanti, a riprova del fatto che non sono il boomer rancoroso che ce l’ha con i giovani. Ritengo che ci siano giovani che fanno cose molto interessanti, ma che siano tagliati fuori dal mainstream».
Raccontando del suo nuovo album La Caverna di Platone, a proposito della canzone La bambina di Gorla, scritta in memoria del bombardamento aereo alleato che colpì una scuola nel quartiere milanese nel 1944, confessa: «Mia madre insegnava a Gorla il lunedì, il martedì e il mercoledì, mentre il giovedì, venerdì e sabato insegnava in un’altra scuola. La bomba cade di venerdì, quindi muoiono i suoi bambini e le sue colleghe. Secondo me mia madre ha sempre avuto un po’ la sindrome del sopravvissuto, però di fatto se li avessero scambiato i giorni io non sarei qua».
Il burnout tra le nuove generazioni
Sempre sulla musica, Ruggeri commenta i casi di burnout che colpiscono i giovani musicisti. «Intanto quelli che vanno in depressione sono quelli che stanno avendo una flessione. – precisa – Quelli che fanno i sold out non vanno mai in depressione. Questo è un mondo nel quale oggi sei famoso e tre giorni dopo sei già in seconda fascia. Per cui molti di questi ragazzi illusi da una vittoria in un talent, nel momento in cui si accorgono che non stanno più andando così bene, cosa normalissima in una carriera, ma alla quale non sono strutturati, vanno in depressione».
E, incalzato su chi possa essere responsabile di questa situazione, spiega: «È il mondo diverso. È chiaro che se tu passi da un talent al Forum di Assago senza tutte le parti intermedie, non sei strutturato per reggere quel tipo di pressione».
Alla domanda su quale potrebbe essere una soluzione, continua: «L’insuccesso. Questo è il momento migliore per la formazione. Io che ne ho avuti, soprattutto da ragazzo, lo posso dire».
Infine, Ruggeri commenta l’affermazione di Matteo Di Palma, legata all’importanza di far passare il concetto che sbagliare dovrebbe tornare a essere considerato normale. «Quando si parla delle tragedie, i femminicidi. – replica – La maggior parte, soprattutto tra i ragazzi, è legata al non sapere accettare un No. Non credo sia un problema di patriarcato, perché implicherebbe l’esistenza di un patriarca che non c’è più. Mentre invece sono convinto che tutti noi genitori, me compreso, abbiamo detto pochi No ai nostri figli, che non sono strutturati alla sconfitta».