I Primal Scream convincono e si lasciano incantare dal pubblico romano al Viteculture Festival
Il rock può stupire o coinvolgere, caricare o far emozionare come soltanto poche altre espressioni artistiche, ma ha anche il potere di rendere una serata completamente diversa da come era stata inizialmente immaginata. E’ questo il caso del live romano dei Primal Scream, nell’ambito del Viteculture Festival all’Ex Dogana, che ha visto chiamati a raccolta fedelissimi fan del gruppo scozzese e soltanto pochi altri curiosi attirati dall’ importanza rivestita dalla band nell’ambito della scena rock britannica (soprattutto durante gli anni ‘90).
Un pubblico, dunque, in buona parte ben motivato e pronto a raccogliere l’appello di un Bobby Gillespie, ancora in splendida forma, di battere le mani seguendo il ritmo serrato e coinvolgente di “Moving on Up” (brano tratto dal loro album più famoso, “Screamedelica”, con il quale è iniziato il concerto). E se, non molto distante da qui, gli U2 rinnovano il loro mito anche attraverso tutte le meraviglie che la tecnologia ha messo giustamente a servizio del rock, sul palco dell’Ex Dogana i Primal Scream si affidano soltanto alle classiche armi del mestiere: energia, sensualità, sudore e coinvolgimento reciproco.
Un messaggio ben recepito dai presenti che si lasciano trasportare anche dalle più psichedeliche vibrazioni del successivo brano in scaletta, “Slip Inside This House” (una cover ben elaborata dei fantastici 13th Floor Elevators). Tanto per ribadire che i Primal Scream si muovono nel solco della tradizione rock con vaghe reminescenze blues (Mick Jagger e soci sono sicuramente un faro per loro), ma hanno da sempre saputo inserire elementi diversi (elettronica, psichedelia, dance, post punk, soul) nella loro musica, diventando, soprattutto con “Screamedelica” del 1991, una band capace di creare un sound innovativo e sfaccettato. E per fare ciò anche sul palco romano Gillespie si avvale del contributo di validi collaboratori come l’ottimo Andrew Innes alla chitarra, Martin Duffy alle tastiere, Darrin Mooney alla batteria e la puntuale Simone Butler al basso, tutti impegnati nel rendere al meglio un repertorio che trascura abbastanza il recente, controverso album “Chaosmosis” e si concentra maggiormente su una selezione di brani importanti e molto coinvolgenti che appartengono, soprattutto, ad un glorioso passato.
Ed è proprio uno di questi, il famosissimo “Loaded”, che scatena definitivamente il pubblico, unito e semplicemente splendido nell’improvvisare un efficace ed interminabile coro che sorprende e carica ulteriormente Bobby e gli altri musicisti sul palco (felici di avvalersi di questa insperata e preziosa collaborazione). Via così, dunque, verso il gran finale che contempla “Rocks” (tratta da “Give Out but Don’t Give Up”) e, naturalmente, due bis conclusi dalla splendida “Come Together” (ancora da “Screamedelica”).