Oggi il
Record Store Day celebra i negozi di dischi indipendenti. Cos’è un negozio indipendente? Indipendente, spesso abbreviato in indie, è tutto quello che non è parte della grossa industria discografica. Significa pensare concerti, dischi, radio e musica, in modo indipendente dal giro d’affari del music business. I negozi indie non sono parte di grosse catene vivono quindi lontani da logiche di puro profitto. Per questo sono zeppi di persone che ci lavorano tenendo al primo posto non lo stipendio, ma l’amore per quello che fanno. Non è esagerato parlare di amore. Ce ne deve essere voluto molto per resistere alla concorrenza della grande distribuzione e all’avvento della musica digitale che dava il CD per spacciato, il vinile per estinto e le cassette per dimenticate.
Negli anni durante i quali l’mp3 era il dio della musica, la svolta pratica, dinamica, contemporanea, come se ascoltare musica dovesse essere prima di tutto un’esperienza comoda, dietro al bancone dei piccoli negozi di dischi c’era sofferenza. Come quando la ragazzina di cui eri innamorato alle elementari aveva occhi solo per quelli più grandi. Poi le vendite di album in vinile sono cresciute e la musica è tornata ad avere anche una materia, qualcosa che potevi toccare, vedere, mettere in una busta e portare a casa. È stata un po’ la rivincita dei nerd; proprio
mentre le barbe hanno iniziato ad allungarsi e i pantaloni ad accorciarsi, il vinile è tornato di fico. Una cosa di moda e ascoltarsi un disco è diventato un gesto fuori dal tempo, quindi classico. Come il vestito bianco delle spose, come le canzoni di Natale.
L’euforia per l’arrivo del futuro che ha caratterizzato la fine del secolo scorso, nei primi anni del 2000 ha mostrato la sua infondatezza. Il mondo dopo il 2000 non è cambiato, non stiamo viaggiando con il teletrasporto e forse, tutto questo rottamare il lato fisico della musica in onore della tecnologia, non era poi così necessario. Ora,
gli eroi che hanno tenuto duro, asserragliati dietro ai banconi dei loro negozi di dischi, sono quasi dei guru. Vecchi saggi burberi da cui assorbire consigli su cosa ascoltare. Magici stregoni onniscienti, da celebrare in un Record Store Day, capaci con un solo sguardo di visualizzare quel disco che stiamo cercando. Fonti di conoscenza musicale, alle quali abbeverarsi di date ed edizioni limitate. Se dieci anni fa uscire da un negozio con un disco sottobraccio era quasi come uscire da un porno shop, ora è un gesto cool, dal sapore di intellettuale contemporaneo.
Gli eroi italiani di questa
rivoluzione slow music (molto simile a quella dello slow food), esempi fulgidi di resistenza e coraggio, sono molti. Da Milano a Bari, da Roma a Torino, Firenze e Bologna, i cavalieri del vinile rotondo hanno difeso il villaggio che ora è diventato una città florida. Come sarà oggi questo Record Store Day, l’occasione migliore per sentire l’atmosfera che si respira fra i vinili.
Nel nostro negozio – racconta Maurizio di
Backdoor negozio aperto a Torino dal 1982 –
si respira un’atmosfera tipo villaggio di Asterix: si sopravvive in allegria a dispetto della realtà. Chi entra e si compra un disco diventa un po’ amico. Ci si annusa, come i levrieri al parco.
Levrieri di tutte le generazioni, dagli anni ’70 al 2019:
Negli anni ’70 la media era di massimo 22 anni – ricorda Giancarlo
del Disco Club aperto a Genova dal 1965 –
Negli ’80, sui 25 anni, con molti universitari. Nei ’90, 30 anni, impiegati. Ora sopra i 50, con una lunga schiera di pensionati! I pensionati attuali sono quelli invecchiati col negozio e con me. Non ci hanno abbandonati, venivano da studenti e ora da pensionati.
Ma guai a dare dell’eroe agli eroi. Achille del
Disco D’Oro a Bologna dal 1976:
Non ci sentiamo di moda perché al vinile ci abbiamo sempre creduto. Per noi è abituale da sempre vendere vinile
Mentre oggi andrete in giro a comprare vinili, ricordatevi che dietro al bancone oltre agli eroi ci sono dei fini intenditori d’arte. Giampiero di
Contempo aperto a Firenze nel 1977: Da noi entri in una galleria d’arte dove si respira la storia della musica degli ultimi 40 anni e anche oltre. Eroi che in fondo sono uomini come tutti noi, con passioni e sentimenti. Giancarlo disco club:
Recentemente un cliente mi ha chiesto la tripla compilation dei Queen. Era appena andata in offerta a 17.90 contro i 25€ soliti. Lui arriccia il naso: Non puoi fare un po’ meno? Io: Meno di cosa??? Lui: Ci penso un attimo. Esce a pensare. Mi rivolgo a un altro cliente: Ne ho una copia sola, te la lascio a 16€, così se rientra non c’è più. Detto fatto, rientra e non c’è più.
Per sopravvivere in mezzo a giganti multinazionali del vinile bisogna ingegnarsi. Marco di
Radiation aperto a Roma nel 2005:
Oggi sono a Utrecht e non posso godermi il Record Store Day nel mio negozio, ma qualcuno deve sacrificarsi. Qui compro scatole e scatole di usato di qualità che mi permette una politica dei prezzi che faccia concorrenza anche ai competitor on line.
Per difendersi dai tanti nemici, come gli algoritmi di pigrizia che scelgono quello che forse ci piace, ci vuole anche un po’ di sano snobismo. Quello che genera quel senso di inadeguatezza che capita di avvertire quando timorosi ci si avvicina al bancone del negozio per chiedere una compilation degli AC/DC. Maurizio di Backdoor
: A volte pensi “Facile così, dove eravate quando chi comprava vinili era equiparato all’uomo prima dell’invenzione della ruota?”, ma alla fine non si può essere più snob del dovuto.
Già, l’invenzione della ruota e poi la storia che scorre…
Negli anni ‘60/’70 sono stato in negozio al centro del boom della musica rock, racconta Giancarlo di Disco Club –
Me ne sono reso conto solo quando il presente è diventato passato (una decina di anni dopo). Probabilmente sarà così anche questa volta, tra dieci anni, da pensionato ottantenne, penserò: Però, nel 2019 sono stato al centro del revival del vinile!
Ma
quanti vinili ci saranno nella casa di chi ha visto tanti Record Store Day e che ha speso la sua vita dentro un negozio di musica? Le risposte degli interessati hanno in comune una certa pacatezza strana. Si sente un grosso lavoro di ricerca di equilibrio unito ad un certo tono di distacco come a dire: ma chi, io? Come un cantante appena sopravvissuto all’ennesima rehab…
Spendevo, ormai sono anni che a caso porto solo libri, i dischi li sento in negozio. Oppure:
Ho una mia collezione privata che ho fatto nel corso di tutti questi anni.O ancora:
Acquisto l’essenziale. Ho una splendida famiglia con la quale condividere altre cose. In passato però ho esagerato!!! Fino a constatare:
Da qualche anno compro solo dischi imperdibili, sono un po’ restio perché in casa non ci entriamo più.
Dopo la rivoluzione dello slow food, è arrivata quella della slow music: un’azione che prevedeva il dialogo con il negoziante. L’esperienza di guardare un disco, tenerlo in mano, aprirlo, leggere i testi, sentirne l’odore. Un gesto, un’esperienza di partecipazione e condivisione, ben diverso dal click solipsista sulle piattaforme di streaming. Oggi
il Record Store Day celebra questo gesto anche se per chi vive in un negozio di musica, questa giornata ha un po’ perso l’energia iniziale.
Marco Radiation:
Più che la celebrazione dei piccoli negozi di dischi è diventata la celebrazione dello strapotere delle major. Per questo noi facciamo in modo che si una festa insieme ai nostri clienti.
Maurizio Backdoor:
Devo essere sincero, non mi fa impazzire, anzi. Mi sento un po’ come l’opossum viola del Madagascar che deve essere protetto dal WWF. Molte delle produzioni esclusive del Record Store Day non mi sembrano imperdibili e trovo folle che certe persone tu le veda in negozio solo in quel giorno. Trovo poi assolutamente delirante che queste produzioni siano poi disponibili su Amazon, che non mi pare esattamente un negozio di dischi. O no? Lo spirito è questo? Poi, va bene tutto e non disdegno certo qualsiasi occasione per far festa, quindi evviva, ma da Backdoor ogni giorno è Record Store Day.
Giampiero di Contempo:
È una buona occasione di incontro con i frequentatori del negozio, abituali e non, anche se lo spirito originario del Record Store Day, nel tempo si è perso.
Achille di Disco d’Oro:
È passato da festa per la comunità del vinile a festa del mercato del vinile. D’altronde se vai su Google e digiti Record Store Day 2019 il primo negozio che esce è Amazon. Teoricamente Amazon non potrebbe vendere dischi del RSD.
Giancarlo di Disco Club:
Il Record Store Day ha perso un po’ del significato iniziale. Era nato come festa dei piccoli negozi di dischi e delle etichette indipendenti. Adesso sono entrati tutti, dalle catene di negozi, alle major discografiche e, addirittura, al grande nemico Amazon. Però ha creato interesse per i vinili, più seguaci, più vendite, cosa non certo cattiva.Non c’è bisogno di essere esperti di vinile per godersi il Record Store Day. Provate a entrare nel negozio di dischi della vostra città, andate a respirare l’aria di chi la musica la ama forse addirittura più di chi la musica la suona. Probabilmente tornerete a casa con un bel vinile sottobraccio, la ristampa del disco che vi ricorda gli amori non corrisposti delle medie. Oppure con la copia originale del disco del primo gruppo che avete ascoltato dal vivo, o con album dei vostri amici che si sono messi in testa di sfondare nel mondo del rock, o con il disco di Kendrick Lamar. Insomma,
la musica è un’arte e il vinile è la forma che la contiene, come la tela un dipinto. Come un blocco di marmo contiene una scultura, il foglio bianco un racconto.