Bugo: «Il ‘Rock and Roll’ è senza età»

Si intitola Rock And Roll il nuovo singolo di Bugo (7 S.r.l./ADA Music Italy). Il brano arriva dopo Un Bambino, singolo uscito lo scorso giugno che – insieme a Rock And Roll – anticipa la strada del nuovo album del cantautore, all’insegna di sonorità decisamente rock.

«L’ho scritta ora, a 50 anni, ma avrebbe potuto essere la mia primissima canzone scritta 30 anni fa», hai dichiarato su Rock And Roll. Secondo te, per scrivere una canzone così, non serve la consapevolezza dei 50 anni?
«Può darsi, è una giusta osservazione. Nel momento in cui compongo, non penso mai a come andrà a finire il pezzo. Non ragiono mai a priori. Non dico Scriverò una canzone sul rock and roll. Inizio a comporre perché ho qualcosa da dire. Il ritornello è arrivato successivamente e piano piano il pezzo si è formato. Una volta che è stato mixato, leggendo anche il testo, mi è sembrata una canzone che avrei potuto comporre a 20 anni perché racconta quello che qualsiasi ragazzo vuole fare con la musica e col rock’n’roll. Di giorno sono una persona normale, la sera faccio i concerti, faccio casino e divento una rockstar».

Eppure l’hai scritto adesso.
«Sì, forse a 20 anni non ragioni su quello che stai facendo, lo fai e basta. Alla fine mi è venuta così. Può darsi fosse una cosa che volevo raccontare, che era dentro di me ed è venuta fuori ora. Probabilmente dipende anche dal fatto che il mio disco, ormai finito, ha un certo stile più rock’n’roll e con più chitarre. Lo vedi anche dal primo singolo Un Bambino. Può darsi che questo brano sia venuto ora perché è legato dal punto di vista sonoro al resto del disco. Un Bambino è un pezzo rock’n’roll, se vuoi».

Assolutamente. Anche la costruzione di entrambi i singoli è molto rock.
«Quando inizio un progetto ho già qualcosa in mente. Un artista deve essere chiaro quando si esprime con i musicisti, con i collaboratori, col produttore. Non puoi andare in studio senza le idee chiare, rischi di confondere anche chi è vicino a te. Questi pezzi ho iniziato a comporli a fine 2021. Ero appena tornato da Pechino Express e avevo ormai chiuso il discorso del disco di Sanremo. Sono andato in studio nel 2022. Volevo fare un disco diverso da Cristian Bugatti, ma lo faccio sempre. Chi conosce la mia storia sa che quasi sempre io faccio un disco che è l’antitesi di quello precedente. Venendo da quel percorso più pop, volevo fare un disco più rock semplicemente usando le chitarre. Da quest’idea è nata Rock And Roll e varie canzoni».

Da dove nasce questa spinta rock?
«Il processo sonoro era già nella mia mente e derivava anche da ascolti di band di tanti anni fa. Dai Beatles agli Stones passando per i Nirvana. Avevo in mente questa cosa e, quando ho la testa settata verso un percorso, normalmente la composizione mi segue. Cerco di entrare nel flusso. Non mi abbandono all’istinto puro, non mi è mai piaciuto. Anche quando ho fatto il disco di Sanremo, nel 2020, volevo fare un disco di un certo tipo, con ascolti che ho proposto ai miei collaboratori. È venuto fuori quell’album: adesso è un processo simile, cambia solo il mondo di riferimento. Dopo la pandemia avevo bisogno di una cosa più grezza, più rude, più vera se vuoi. E quindi ho scelto di tornare alle chitarre e al mondo del rock’n’roll».

Secondo me, dimmi se dico una cavolata…
«Ma le cavolate non esistono! Quando uno sente un pezzo, tutte le interpretazioni sono valide. È bello per un artista sapere ciò che uno pensa della canzone. Altrimenti me la tengo io nel cassetto».

Sentiamola prima, dai. Ci ho visto un messaggio rivoluzionario nel testo: rimanere se stessi, indipendentemente da ciò che succede intorno, non è la vera anima del rock?
«È bello quello che mi dici! È una bella visione. Non voglio parlare troppo della pandemia, ma credo che dopo il Covid tutte le canzoni siano un superamento di quella cosa. Non sono canzoni depresse e chiuse. Il disco, quando lo sentirai, è proprio una spinta propulsiva per andare oltre. Io voglio essere quello che sono da sempre, mi metto sempre in gioco e mi sfido a essere me stesso. Non sono statico. Forse hai colto quest’aspetto. Non è… come l’avevi chiamata?

Una cavolata?
«Per niente. Io scrivo per me, per stare bene. Poi ognuno ci si ritrova a modo suo. Non so però se sia rivoluzionario. È sicuramente un manifesto della mia musica da sempre».

Al giorno d’oggi, un cantautore che segue la propria strada e la propria ispirazione non credi sia rivoluzionario?
«È un bel complimento, ma per me è sempre stato così. Non ho mai seguito le mode».

Penso che questo abbia fatto in modo che chi ti ascolta seguisse anche il tuo percorso umano.
«Assolutamente. Non ho paura a dire che ho 50 anni e che ho scritto una canzone da 20enne. Il rock and roll è questo. Se guardo Neil Young che ha 80 anni, vedo un artista che nello spirito rimane giovane. Non vuol dire bambinetto, ma essere lucido nonostante l’età. Come lui credo ci siano Paul McCartney e Vasco. Il rock and roll è senz’età. Io la mia età la dichiaro perché sono consapevole di avere 50 anni. E non c’è niente di cui vergognarsi nel fare rock’n’roll a 50 anni».

I live hanno in qualche modo influenzato le sonorità di questo album?
«In realtà no, perché l’album era già finito. Ho scritto questi brani quando eravamo ancora in pandemia. Per me la musica è stato il gancio per uscire dalla realtà, che era tremenda. I concerti non si potevano fare, ho fatto qualcosa di acustico perché bisognava stare seduti. Però, anche se non sono stati i concerti a portarmi a questo suono, sicuramente il suono che senti è rivolto ai concerti. Anche per questo ritengo queste canzoni molto oneste. Sono dirette e senza fronzoli. Io ne avevo bisogno e vedremo se il pubblico la penserà come me o vorrà vivere ancora nelle favole».