Dutch Nazari ci racconta ‘Aqaba’, brano ispirato dall’attuale situazione in Medio Oriente. La nostra intervista.

loading

Nel 2012 Dutch Nazari viaggiò in Palestina per realizzare il documentario Revolution Art Poetry. Un viaggio intenso che – con le sue suggestioni – ispirò al cantautore il brano Jenin, contenuto nel suo primo EP Diecimila lire.

«Nel 2012 ero all’università. – ci racconta – Sapevo che la Palestina era una causa importante. Infatti a Trento alcune persone che conoscevo fondarono la MAIA Onlus, che si occupa di cooperazione e sviluppo in Palestina. Per quella Onlus, insieme a Alessandro Burbank, ho scritto un bando e ho ottenuto i soldi della Provincia di Trento e Bolzano. Con quei fondi, siamo andati in Palestina per un progetto di ricerca e per realizzare un documentario. Ho coinvolto mio fratello che studiava per lavorare nel cinema. Quando siamo tornati è uscito il documentario, ancora reperibile su YouTube. Sono materiali che abbiamo riguardato molto in questo periodo. Le vicende e le notizie mi hanno riportato sui miei diari e da lì ho pescato anche materiale per la nuova canzone».

Se nel 2014 uscì infatti Jenin, nel 2024 Dutch Nazari ci regala Aqaba, brano figlio di una nuova esigenza e della necessità di tornare a parlare della questione palestinese. «Aqaba è il nome di un villaggio in Cisgiordania, vicino a Jenin dove sono stato nel 2012. – dice il cantautore – L’urgenza di tornare a scrivere di Palestina mi si è presentata già nelle prime settimane della guerra esplosa su Gaza in reazione agli eventi del 7 ottobre, e i ricordi hanno fatto sì che il brano inizi con una descrizione di ciò che ho visto».

Aqaba e la necessità di informarsi sulla Palestina

«Forse – ci dice Dutch Nazari – in questo momento ho sentito l’esigenza in modo un po’ più forte per il fatto che, per la mia storia personale, ero già vicino a quel tema. Avevo una quantità di informazioni che altri in questi mesi hanno dovuto recuperare. Chi non l’ha fatto, magari, è chi non sta parlando». Insomma, Aqaba nasce in primo luogo perché Dutch Nazari aveva qualcosa da dire in quello che oggi si presenta come un frastuono assordante, anche nel mondo della stampa e del giornalismo.

«La Palestina è un tema che torna prepotente nelle notizie in determinati momenti. – dice Nazari – C’è uno schema in cui esiste una normalità tragica di cui, da noi, non si parla mai. In questa normalità si accumulano ingiustizie a cui c’è una reazione non accettabile da parte del giornalismo mainstream. A quel punto viene descritta fuori dal contesto come una brutalità bestiale e basta. Quando avviene ciò, è possibile sentire un’urgenza un po’ più forte per dire a chi viene raggiunto da questa narrativa che non è così. Ma chi ci crede o è cattivo o semplicemente poco informato». 

Jenin e Aqaba

In questo, Jenin e Aqaba sono in un certo senso connessi da un filo invisibile. Anche se – tra loro – c’è un mare lungo 10 anni. «Il me che ha scritto il bando e che aveva intenzioni buone e poche informazioni era diverso da ciò che sono diventato quando ho sentito anche l’altra campana. – ci spiega il cantautore – Esiste questa nozione, l’orientalismo, che riassume il contegno dell’uomo occidentale verso il Medio Oriente ed è negativo in entrambe le direzioni. Perché sono negativi anche il buonismo e il senso di superiorità. Entrare nelle narrative di quei luoghi aiuta a risvegliarsi da ciò. Il bando portò un rapper e un poeta a chiedersi come interviene questo contesto sul rap e la poesia. Volevamo scoprire come fossero queste arti in uno stato di occupazione militare e la loro funzione generale».

La distanza che intercorre tra il Dutch Nazari del 2012 e quello del 2024 si sente nei due brani. «Se stiamo parlando di aspetti tecnici, sono intervenuti nuove convinzioni e nuove ricerche. – dice Nazari – La canzone del 2014 parlava molto di dov’eravamo con i nostri gusti e scelte artistiche. Io curavo molto la penna e la scrittura in versi. La mia parte è un muro di testo con moltissime parole, una scelta che facilita la specificità di ciò che racconti. Luca (Sick et Simpliciter, ndr) veniva da una ricerca di suono, un viaggio nell’elettronica pura. Aqaba è piuttosto una canzone prestata a una causa per emozionare positivamente e essere ispirati a fare le cose che servono in una battaglia. È meno rigida nella metrica e ha meno parole».

Anche l’immagine di copertina collega i due brani. A cura di Jacopo Baco (che collabora con Dutch Nazari sin dai primissimi lavori), si tratta di un frame tratto dal documentario Revolution Art Poetry di una donna in mezzo a un uliveto che tende la mano a una bambina, stampata e con l’immagine della bambina rimossa manualmente. «Jacopo Baco – dice il cantautore – ha avuto l’idea di prendere un frame dal documentario che mostra la foto di una madre che tende la mano alla figlia. Ha stampato la foto e col taglierino ha rimosso la bambina. Il simbolismo è molto forte».

Dutch Nazari e il prossimo disco

I commenti su YouTube sotto il video di Aqaba ringraziano Dutch Nazari e ne premiano il coraggio. Chiediamo tuttavia al cantautore se serve effettivamente coraggio, ora come ora, per esporsi. «Più ricevo commenti e meno me li merito. – ci risponde – Se il risultato è tutto questo entusiasmo, forse non serve coraggio. Ci sono tantissime professioni in cui non è così: se un giornalista lavora per una testata che censura questi temi, dovrebbe scegliere tra avere un lavoro e dire ciò che pensa. Non merito ringraziamenti, ma mi sono chiesto perché. Forse, in assenza di informazioni, è meglio stare zitti. Però bisogna informarsi».

E ora cosa c’è nel futuro di Dutch Nazari? «Ho scritto questa canzone sull’onda della tragiche conseguenze del 7 ottobre. – ci dice – Una volta che ce l’avevamo in mano, abbiamo avuto la sensazione di non sapere quando potesse uscire. Vogliamo cantarla adesso e l’abbiamo tirata fuori. Stiamo comunque scrivendo un disco e siamo a buon punto».