Si intitola Avvelenato il nuovo singolo del cantautore romano Mauro Di Maggio. Un brano che parla di attualità, di avvelenamento esistenziale e che propone un risveglio delle coscienze. «Avvelenato parla di avvelenamento esistenziale. In questa vita siamo bombardati da informazioni, valori, regole, esempi e cresciamo senza saper nulla, prendendo tutto per buono e dando per scontato che ciò che ci viene insegnato sia il meglio per noi. – ci dice Mauro Di Maggio – Vale in tutti gli ambienti: la scuola, la famiglia, qualsiasi contesto in cui prendiamo spunto per indirizzare i nostri valori personali. Un giorno però il nostro spirito di osservazione e critica raggiunge un punto o di risveglio o di maggior chiarezza. E lì ci si può fare domande in più o vivere un contrasto, una lotta interiore e una non accettazione dei modelli che abbiamo dato per buoni. Quello che ha tirato fuori questa canzone è l’essermi accorto che tante cose non le consideravo buone per me. Nessuno me l’aveva detto prima, me ne sono dovuto accorgere da solo. Forse questo accade a tutti».
È una riflessione personale quella di Mauro Di Maggio, che finisce però per diventare sociale e collettiva. «Viviamo le cose troppo in automatico. – precisa – Tutto ci viene fornito in maniera diretta o indiretta, ma automatica. Neanche più riflettiamo su quello che viviamo. Interiorizziamo tante cose e questo spesso ci porta a un malessere. L’avvelenato qui è chi si risveglia e si accorge che c’è qualcosa che l’ha inquinato». Chiediamo al cantautore se in questo brano, quindi, ci sia più speranza o più rassegnazione. «Rassegnato? Per niente. – ci risponde – È il contrario. Avvelenato è colui che esce dai binari e non ci sta più, chi trova la sua strada e rompe tutto, chi ricomincia da capo senza problemi. Io ho fatto così e la canzone, anche semplicemente col suo essere graffiante e un po’ incalzante, già a livello musicale fa capire che c’è una non accettazione».
Mauro Di Maggio racconta Avvelenato
L’avvelenato è, in fondo, anche chi «si è sentito un po’ preso in giro». Perché «la società, i nostri insegnanti, i genitori» hanno consuetudini mai vagliate, ma solo vissute. «E ora me le vuoi passare per forza. – precisa Di Maggio – Se ampliamo il discorso a ogni singolo insegnamento o abitudine, ti rendi conto di quante cose facciamo senza averci pensato sopra. Siamo ormai avvolti dagli schermi, sembra quasi una sorta di induzione al pensiero». Il risultato è quello di perdere se stessi o, magari, non sapere neanche chi sia questo te stesso. «Quanti si comportano in una certa maniera solo perché sono nati in un determinato contesto sociale? – spiega Mauro – Per essere accettato dal gruppo diventi quello, senza accorgerti che l’hai fatto per non sentirti perso. È un dramma. Ti trovi, tuo malgrado, ad avere una fede. Sono meccanismi inconsci che si sono formati all’interno di noi. O ti conformi o non vai bene e, se non vai bene, sei escluso. Se ti conformi, invece, ti avveleni».
Il brano è talmente sentito e condiviso, che nei live Di Maggio già sente viva la risposta del pubblico. «E parlo di un live casuale. – racconta – Ero ospite a un evento. Premetto che la canzone non la conoscevano, ma forse era talmente facile che hanno iniziato a cantarla anche loro. Credo che avessero l’esigenza di dirselo, che fosse uno sfogo collettivo: diciamocelo che non vogliamo essere più avvelenati. È una cosa che coinvolge tutti noi perché viviamo in questo modello sociale. Un modello che ha tante cose buone che funzionano, ma percorriamo una vita globale che spesso e volentieri viene trainata da modelli e sentimenti che non sono d’amore, di pace e di bene. Sono spesso sentimenti di opportunità e di sete di potere. Quando, per il potere, il contesto mette a repentaglio la salute, la vita e la pace della collettività è grave».
Il video di Avvelenato
Curioso che Mauro Di Maggio senta oggi l’esigenza di parlare di un’esigenza collettiva. Gli facciamo notare, infatti, che spesso ci ha regalato canzoni d’amore. «Amo molto scrivere d’amore. – ci dice – Credo che spesso sia un modo per raccontare dei princìpi che reputo importanti in una relazione. Non ti voglio fermare, ad esempio, è una canzone d’amore ma enuncia un principio fondamentale: rispettare la libertà d’essere di una persona. Oggi, con tutto lo schifo che esce dalle nostre relazioni, ci vorrebbe davvero alla base di ogni vita un grande insegnamento su come relazionarci. Spesso ci mancano esempi giusti». E anche questo, in fondo, è un avvelenamento: «Non sto giustificando – precisa il cantautore – ma se mi viene insegnato che sono il proprietario della donna e posso fare quello che voglio, sbaglio comunque e sempre, ma il fatto è che il seme non me lo sono messo addosso da solo. Da avvelenato divento malato. Viviamo una vita distratti da cose effimere e inutili. La vita è impostata così che tu possa pensare il meno possibile e adattarti a percorsi già precostituiti. Non giustifico chi non si risveglia, ma posso dirti che la responsabilità non è totalmente nostra. Siamo quasi indotti a non pensare».
E infine il video – prodotto da Borotalco Tv con la regia di Giulio Cannata – mostra metaforicamente quanto questa non induzione al pensiero riguardi tutti noi. «È venuto davvero bene e ne sono felice. – dice Mauro Di Maggio – Ci sono una serie di personalità all’interno di un bar, dove tutti vivono questa delusione, questo disagio, questa sofferenza. Poi, osservandosi dal di fuori, notano che l’altro può essere avvelenato. C’è questo avvicinarsi con comprensione e abbracci, fin quando questo modo di congiungersi e avvicinarsi diventa un movimento che dal singolo arriva al collettivo. Diventa un ballo catartico, uno sfogo. Quel ballo finale è di speranza e di rivolta».