Sono diventati il caso di X Factor 2024, pur non essendo arrivati alle fase live del programma: eppure non c’è puntata in cui i Potara non vengano nominati almeno una volta. Divisivi – e proprio per questo interessanti – Giuseppe Panza (in arte Deku) e Gioele Di Tommaso (in arte Jo Lizard) hanno portato alle audizioni il loro stile unico, che ora ha anche un nome: Bubble Pop, come il titolo del loro singolo disponibile dal 25 ottobre. Ce lo ha raccontato Gioele.
Partiamo da Bubble Pop: un singolo che porta il nome anche del genere che i Potara propongono. È un manifesto?
«Il brano prende il titolo dal genere che abbiamo coniato. Ci sono due linee da seguire. Una è più tecnica ed è legata al sound, a produzioni nostre che richiamano un po’ lo scoppiare di una bolla tramite la sintesi e il sound elettronico caratterizzato da questi stacchi. Questa è la parte un po’ più noiosa, da nerd. La parte più filosofica è che noi raccontiamo spesso che abbiamo passato gli ultimi 3 anni, per varie vicissitudini, un po’ in una bolla. Eravamo chiusi in casa o in studio a scrivere, a fare le nostre cosette da nerd. E poi c’è stato il nostro incontro – un ri-incontro in realtà – avvenuto un anno e mezzo fa. È stato un po’ come l’esplosione appunto di una bolla. Poi anche X Factor ha celebrato questo evento con l’incontro con il pubblico».
A X Factor siete stati divisivi, si può dire che con questo inedito vediamo almeno un po’ più a fondo nel vostro mondo?
«Sì, la nostra impressione a X Factor è stata proprio quella di aver diviso il pubblico a metà. Secondo noi non è nemmeno male. Nel senso che abbiamo notato che la vecchia generazione ci ha un po’ presi di mira per la questione del tune e della rivisitazione dei brani in chiave attuale. Invece i più giovani, i più piccolini ci hanno amati. Anche i giudici di fatto ci hanno dato due no e due sì. Una suddivisione equa. E, per quanto riguarda il percorso di inediti, noi siamo felici adesso di pubblicare Bubble Pop e prossimamente anche altre cose. Ad X Factor non siamo riusciti insomma a mostrare la nostra natura, perché nasciamo come producer e autori più che interpreti».
Ma in studio vi date mai qualche paletto?
«Il nostro processo creativo è abbastanza naturale, ai limiti della pazzia. Veniamo da due mondi e da due scuole totalmente opposte. Quando ci siamo ritrovati in studio insieme le prime volte abbiamo fatto semplicemente quello che ci veniva naturale. Il mash-up tra Thasup e Tenco è un’ottima rappresentazione: un brano classico a cui sono tanto legato e un brano moderno attuale a cui Deku è molto affezionato. Le due canzoni avevano delle cose in comune a livello melodico. E da lì nasce l’idea di unire e unirci, sia musicalmente che umanamente».
Poteva finire malissimo.
«Sì, ma è avvenuto tutto in maniera naturale. Visti dall’esterno, magari anche agli addetti ai lavori, può sembrare che i Potara siano un progetto studiato a tavolino. In realtà è del tutto casuale. Noi raccontiamo spesso che Deku si è tolto dall’orecchio questo orecchino quando ci siamo incontrati. Mi ha detto che cercava una persona a cui darlo, la sua metà artistica. E poi è stato un caso anche iniziare a fare questi mash-up».
Serve comunque una buona dose di coraggio.
«Assolutamente, ma penso che spingersi un po’ più in là possa creare un po’ di dissenso. Però è un buon segnale».
Ci siete rimasti male per la non-scelta finale di Jake La Furia di non portare i Potara ai live?
«Sicuramente ci dispiace il fatto di non aver potuto portare ai live la nostra musica. Ci dispiace che non sia passato in primo piano il fatto che scriviamo e produciamo le nostre cose. In parte però comprendiamo i discorsi di Jake La Furia: il pubblico a cui ci rivolgiamo potrebbe non essere quello di X Factor».
In una puntata avete mostrato anche un po’ del vostro lato acustico.
«Sì, Deku in particolare ha suonato il piano. In quel frangente abbiamo avuto la possibilità di raccontare anche questo lato di noi. Veniamo entrambi da due percorsi al Conservatorio, conosciamo la musica classica e abbiamo basi armoniche anche se nelle performance insomma non si è palesato».
Come ci siete arrivati a questo sound così elettronico venendo da due mondi così diversi?
«Allora, è stata una ricerca che abbiamo fatto insieme da un anno e mezzo a questa parte. C’è da dire che Deku viene da quel mondo lì: EDM, house, elettronica in generale. Io vengo da un percorso più classico, più cantautorale. Ho un fetish, si può dire, per le orchestre e per le orchestrazioni. Cerchiamo insomma di unire le nostre due parti. Mantenendo un po’ l’emotività che secondo me è una componente fondamentale».
E ora cosa dobbiamo aspettarci dai Potara?
«Allora, intanto ti dico che abbiamo pubblicato su tutte le piattaforme la prima cover fatta alle audition. E non spoilererò nulla per ora, ma nelle prossime settimane avremo delle pubblicazioni periodiche fino ad arrivare a fine novembre con un annuncio. Qualcosa bolle in pentola, per fare un gioco di parole».