L’onestà intellettuale, le sfumature della musica, il corpo femminile: Silvia Salemi si racconta dopo l’uscita di ‘Faro di Notte’.
Si intitola Faro di Notte (Dischi dei Sognatori/ Noise Symphony srls) il nuovo singolo di Silvia Salemi. Prodotto da Francesco Tosoni – e scritto da Davide Autorino, Ivan Amatucci, Silvia Salemi e Marco Rettani – il brano rappresenta per la cantautrice una virata artistica. «Si differenzia dai miei lavori precedenti perché non va alla ricerca obbligata di lanciare un messaggio poetico e cantautorale a chi lo ascolta. – ha dichiarato infatti Silvia Salemi – È una canzone che vuole semplicemente essere figlia del suo tempo». Partiamo proprio da questa dichiarazione, per farci raccontare da Silvia quanto sia poi complicato (o semplice) svestirsi dei propri panni.
«La canzone è l’elemento più adatto a raccontare un momento personale. È il classico momento in cui fai i conti con te stesso, perché la riflessione a un certo punto arriva. Può arrivare dall’età, dai figli o da un filo d’erba. – ci dice la cantautrice – In genere, arriva anche l’accettazione di sé. Il che non significa dire Sono perfetta, ma smettere di lottare contro se stessi. Significa anche amarsi e vedere il faro della ragione che torna. Ho pensato di poter iniziare a giocare col sound di adesso, che è molto easy. Non c’è ricerca di perfezione o di stilismo. L’autotune, ad esempio, è una tecnica che noi usavamo molto in passato e che ora si utilizza come effetto. Ti fa capire che i giovani sono più preoccupati del prodotto finale che non della tecnica. La vera sfida di oggi è quindi sentire il tempo che passa nella musica, senza rimanere arroccati nel cantautorato».
La musica delle nuove generazioni
Faro di Notte è dunque una canzone che nasce «per divertire». E, come sottolinea giustamente la Salemi, anche questa «è una funzione sociale della canzone». Una funzione di cui la cantautrice non si sente completamente padrona, ma va anche detto che la ricerca della «leggerezza» è pur sempre un diritto di tutti. «Mi sono sempre ispirata a Guccini, De Andrè e De Gregori. – ci spiega Silvia – Ma proprio perché anche io ho fatto sempre musica con un messaggio, ora penso sia giusto che ci siano tutti i colori. Detesto chi demonizza la musica attuale, chi la indica come ripetitiva e senza storia. Questa è la storia del nostro tempo. Ogni tempo ha un bello e un brutto e il pubblico ha il diritto di decidere cosa va bene e cosa va male. Non ci sono regole secondo me».
Del resto, è anche vero che ogni storia si ripete. «Se i ragazzi oggi cantano di relazioni consumate e di fumo, è perché sono immersi in un andazzo che è quello. – spiega la cantautrice – E alcuni lo fanno anche con spirito critico, quasi a voler esorcizzare. Io sono genitore e non posso demonizzare un ragazzo di 20 anni che scrive determinate cose, soprattutto se lo fa per liberarsi di un demone. C’è una funzione sociale: 40 anni fa si scendeva in piazza, oggi questo è il loro modo di esprimere un disagio. Non abbiamo 20 anni e non possiamo cavalcare il trend, ma entrare in questo flusso mi è piaciuto».
Il video di Faro di Notte
Faro di Notte, non a caso, vanta un video (diretto da Mauro Russo) in cui Silvia Salemi si mostra come mai prima d’ora. «Sono una grande fan del corpo femminile in tutte le sue espressioni. – commenta – In questo video mi son detta Ho un corpo pure io, magari sono le ultime volte che mi andrà di farlo vedere. Ognuno deve essere libero di trovare la propria forma espressiva. A 20 anni mi coprivo tantissimo, azzerando gli stilemi della femminilità. Volevo portare in giro un messaggio diverso. Oggi mi accetto. Per me Faro di Notte è stata la liberazione da una serie di blocchi. Sono molto rigorosa, per me veniva prima la canzone e poi la parte estetica. Non ho cambiato idea, ma penso esista una modalità d’espressione a tutto tondo». Silvia sottolinea poi che la mercificazione è ben altra cosa: «Alcune cantanti vengono stigmatizzate. Credo che siano forme di inferiorità mentale. Come si può demonizzare un’artista che va sul palco in minigonna? È libera di essere ciò che vuole. Altrimenti direi che, sulla libertà d’espressione, abbiamo completamente fallito».
Equilibrio tra artista e persona
Dell’era delle immagini Silvia Salemi cantava nel 1997 (in A casa di Luca), dimostrando una certa preveggenza. Un percorso lungo caratterizzato sempre dalla volontà di essere se stessa. «Ho sempre voluto fare musica che mi piacesse e che non fosse un compromesso col mercato. – ci dice Silvia – A maggior ragione, se posso fare una canzone che rispecchia la mia esigenza personale la faccio. Mi spiace per chi fa musica perché funziona. O per chi condanna i dischi perché non rispecchiano il suono attuale. Oggi più che mai sono una donna libera. Chiara Ferragni a Sanremo ha lanciato la frase Pensati libera, ma va declinata nella realtà altrimenti è solo uno slogan. 17 anni fa ho lasciato la musica per crescere le mie figlie e anche questa fu una decisione in controtendenza. Oggi ci sto dentro con i miei panni, ma credo che il pubblico sappia quando un artista è sincero. Anche pagando prezzi alti, sono sempre stata me stessa».
Del resto, Silvia Salemi – tra radio, tv, libri – non si risparmia: «Le cose che faccio sono figlie della stessa esigenza, quella di arrivare al pubblico. – chiosa la cantautrice – Cerco una corrispondenza d’amorosi sensi con l’altro. Facendo tante cose impari tantissimo. La radio, ad esempio, è una palestra forte. Gli artisti sono come i figli unici: sono egoisti. Se sei dall’altra parte, ti deve mettere da parte e ascoltare. È una scuola di vita gratuita».
Foto: Alice Della Valle