In radio e digitale, ‘Puntofermo’ è il nuovo singolo dei Tiromancino presto in tour: la nostra intervista a Federico Zampaglione.
La necessità di un punto fermo e, insieme, la difficoltà di trovarlo quanto di cercare di esserlo per gli aliti. In un mondo nel quale le relazioni sincere diventano sempre più difficili, i Tiromancino cantano quel bisogno umanissimo di un equilibrio che profuma di casa. Si intitola, non a caso, Puntofermo il nuovo singolo scritto da Federico Zampaglione con Vincenzo Colella, Leonardo Zaccaria e Michele Canova (che ha curato la produzione). E se c’è un passaggio del brano da cui germoglia chiaramente quell’urgenza di certezze non può che essere è un cielo difficile: ne parliamo con il cantautore.
Che tempi sono quelli che stiamo vivendo oggi?
È un cielo difficile, dico, ed è ovviamente un’immagine metaforica. Ma, visto quello che sta succedendo da un punto di vista geopolitico, speriamo che questi cieli non si riempiano di velivoli poco rassicuranti. In generale, è una società che sta diventando sempre più complessa perché si parla sempre di meno tra le persone e si sta sempre più dietro lo schermo di uno smartphone. Questo oggetto ruba tantissimo tempo alle cose più importanti e non succede solo ai ragazzi, ma a tutti noi. Rischiamo davvero di passare le nostre giornate a scrollare e a riempirci la testa un po’ di tutto, a partire dalle notizie spesso false fino ai sentimenti costruiti sull’immagine.
Questo fatto che tutto tutti devono diventare straricchi con una vita al massimo del lusso… che ti devo dire? Alla fine è un po’ come se fosse difficile avere un punto fermo in qualche cosa che, al di là di tutto questo casino, te lo ritrovi veramente. È un’era in cui bisogna stare attenti anche alle scelte che si fanno e a come si impiega il tempo.
Perché il tempo vola.
Già, lo diciamo anche nella canzone le stagioni corrono senza guardarsi indietro mai un momento. E poi ti accorgi che sono passati gli anni senza aver costruito niente, perché la società ci ha soltanto portato avanti e indietro. Ha messo in testa mille cose, ha fatto credere in mille chimere però poi alla fine non si è riusciti veramente a capire la propria strada. È un cielo difficile per questo, e temo che non sarà semplice invertire la rotta, a meno che non sia proprio una necessità di qualcuno che decide che è giunto il momento di ricomincia a vivere in maniera più normale.
E questo riguarda anche il mondo musicale: è diventato un miscuglio di roba per cui non si capisce più niente. Qualunque cosa, anche la più bella del mondo dopo sei mesi non se ne parla più, quindi si crea una continua destabilizzazione mentre l’essere umano avrebbe bisogno anche di meno informazioni per potersi soffermare sulle cose più importanti. È tutto un sentito dire, ma chi l’ha detto? Quella notizia è vera o è falsa? Una notizia data da un tg nazionale o da un cazzaro su Instagram finisce per avere la stessa visibilità. E capita anche certe notizie false girino anche più velocemente e vorticosamente di quelle vere.
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Nel contesto attuale, mi pare significativo che il punto fermo del videoclip sia un cane e non un essere umano.
Perché, appunto, gli umani purtroppo non hanno facilità nell’avere rapporti in questo periodo. Ci sono tante spaccature generazionali, anche solo parlare di Boomers, Millennials, Generazione Zeta… Che vuol dire? Serve solo ad alzare dei muri per cui si diventa alieni e questo distrugge la società. Siamo persone che possono tranquillamente dialogare mentre questo frazionamento enfatizza le diversità e rende impossibile un rapporto completamente puro. È difficile, invece, che il tuo cane ti giudicherà e prenderà le distanze da te per qualche strano motivo, magari superficiale. L’animale ti dà la garanzia che questo non accadrà mai. Per questo, dovendo trovare un’idea semplice per descrivere un rapporto indissolubile, mi è venuta questa idea. Il cane ti rimette in pace con te stesso e ritrovi un po’ un equilibrio.
Da padre, come si confronta con questa società?
Crescere dei figli in questo periodo non è semplice, ogni tanto mi devo proprio ricavare del tempo per mettermi lì e parlare con mia figlia. Anche per cercare di proteggerla un po’ dalla confusione e farle di ricordarle che è importante scoprire una passione nella vita, dedicarsi a qualcosa che possa crescere dentro di te e ti continui a stimolare. Altrimenti, si hanno tremila interessi diversi e dopo non ci si perde. Ti svegli una mattina e dici ‘questi anni i ho vissuti così, ma adesso che faccio?’. In un contesto di questo genere, c’è l’urgenza di trovare un punto fermo, qualcosa che resta.
Quanto è difficile trovare un punto fermo ma anche esserlo, soprattutto per i più giovani?
Per tutti direi, anche perché è facile farsi abbindolare e rinunciare a cose importanti per cose che non valgono niente, anche nei sentimenti. Non è avere migliaia di followers che ti salva dalla solitudine: sono tre amici, o magari una persona sola, con la quale stai veramente in sintonia. Invece vige questa politica del gigantismo, dei numeri e della celebrità. Io, ad esempio, non ho mai amato l’idea della celebrità, cioè mi piace il successo delle idee per cui una canzone, un film o un libro piace alla gente. È il successo della cosa che hai fatto non la tua popolarità, quella non mi dà niente di buono. Anzi rende solo la vita più difficile. Quando, invece, arriva un contenuto che tu hai creato, allora quella è una grande soddisfazione per me.
È qualcosa che richiede impegno, e forse al giorno d’oggi non c’è voglia di fare sacrifici?
Colpa della narrativa generale del tutto e subito. Un ragazzino finisce per crederci ed è difficile, poi, riportarlo su binari più solidi. Ho la fortuna di avere un rapporto con mia figlia e lei ha capito che c’è qualcosa di finto in tutto questo. Tanto è vero che ha una paginetta Instagram ma non posta mai niente perché dice di non sentirsi rappresentata da una foto che poi la gente giudica e commenta. Questa cosa mi ha fatto capire che, forse, qualche messaggio è passato.
La scuola, oltre alla famiglia, può avere ancora un ruolo davvero educativo?
Eh, si leggono sempre più di frequente episodi assurdi di aggressione da parte dei genitori contro insegnanti e presidi. Da regista di film horror, a volte, leggo cose nella cronaca per cui la realtà sta diventando estremamente più assurda, cruda, violenta e insostenibile di quello che può essere un film horror. Lì, perlomeno, ci sono dei mostri e c’è la fantasia… Nella realtà si leggono spesso atrocità all’interno dei nuclei familiari. Credo che ognuno di noi, a questo punto, si debba impegnare: abbiamo capito che il gioco collettivo è diventato caotico per cui non si trovano risposte negli altri. Quindi dobbiamo svilupparle dentro di noi, mettendoci a confronto con noi stessi perché solo tu sai quello che cerchi. E bisogna essere onesti, capire se si sta perdendo tempo e impegnarsi in qualcosa che sia valido anche tra dieci anni.
La musica ha avuto questo ruolo per te?
Quando ho cominciato a fare musica, ho pensato proprio che fosse un mestiere e non qualcosa che mi dovesse far diventare famoso. L’ho sempre considerata un’arte molto complicata, che avrei dovuto imparare e per la quale mi sarei dovuto applicare. Ancora oggi, passo giornate intere con la chitarra in mano perché c’è sempre qualcosa da studiare.
Penso sia anche un discorso che abbia a che fare con il riportare le cose alla loro dignità perché non è vero che nello spettacolo si possa fa tutto anche senza fare niente. Puoi andare in tribunale a fare l’avvocato se non hai studiato? Lo stesso deve valere pel palco. Poi, non c’è da lamentarsi, se uno fa San Siro e poi gli arrivano le critiche: forse non sarebbe dovuto esserci quel concerto ma ce ne doveva essere uno più piccolino prima. E, poi, nel tempo sarebbe arrivato quel grande concerto con l’artista pronto.
Dove sta la responsabilità?
È tanto colpa dei talent. Il talent è una macchina mortale perché prende dei ragazzini e dà loro il massimo dell’esposizione televisiva. Così, una volta che uno esce, lo riconoscono tutti. Si parte dalla super notorietà e dalla mega esposizione che prima erano il punto d’arrivo, non di partenza. Si andava in tv, per esempio, dopo che avevi fatto tre album ed erano andati. Adesso è tutto il contrario, quindi è se tu parti dal massimo non puoi che andare giù. C’è anche da dire che in un programma del genere hai a disposizione luci, scenografie, balletti che quando esci non ti possono più dare a meno di non essere Lady Gaga. Per questo, dico che sono tutte cose che depistano le persone.
Non a caso molti artisti giovani e giovanissimi finisco per soffrire quando le luci si spengono.
E sono quanti questi ragazzi. Ne ho conosciuti diversi e in alcuni casi aiutati, al di là della dichiarazione pubblica. Bisognerebbe riportare tutto a un livello più normale, ricominciare da quello che devi dare e da ciò che vuoi diventare. Vuoi diventare un artista famoso? Prima devi scrivere delle canzoni per cui il pubblico ti voglia bene. Non ti è dovuto diventare una star, prima dei dare qualcosa e poi magari ricevi in cambio. Queste sono le basi.
A proposito di palchi e concerti, cosa ti aspetta nei prossimi mesi?
Siamo in attesa del calendario, che arriverà a breve, ma sarà un’estate piena di concerti che è sempre la parte più bella. Solo sul palco vivi davvero la condivisione della musica e ti rendi conto di quello che hai fatto, una magia che si realizza quando tutti cantano insieme, magari un pezzo nuovo in scaletta. Lì capisci veramente di aver colpito la gente e aver intercettato le loro emozioni. Aspettiamo i concerti come i bambini aspettano il Natale, e sarà un’estate molto piena anche perché esce il mio ultimo film The Well. Sarà una stagione piuttosto vorticosa.
Foto di Luigi Cerbone da Ufficio Stampa – Kikapress