Era maggio di un anno fa quando incontravamo per la prima volta wax (all’anagrafe Matteo Lucido, qui l’intervista), fresco reduce dall’esperienza ad Amici. “Non capivo niente”, ci confessa ora sorridendo a proposito dei primi giorni fuori dalla casetta. Oggi, a mesi di distanza, ritroviamo un ragazzo che si è schiarito le idee, sa guardare con lucidità alle cose che lo circondano e continua a essere fin troppo critico con se stesso. Il primo risultato del percorso artistico – e personale – che ha iniziato a percorrere e lo porterà a nuova musica nelle prossime settimane si intitola Primo al mondo, e racconta tanto del Matteo di oggi.
Riannodando i fili dall’uscita del tuo primo EP, che mesi sono stati a oggi dal punto di vista creativo e non solo?
Sono stati belli, cioè ho preso tanta consapevolezza di me e del lavoro che faccio anche grazie al fatto di aver lavorato con tante persone nel settore. Ho scoperto il mondo della musica in maniera più dettagliata, approfondendo più cose dell’essere artista, e uso il termine con tutta l’umiltà del mondo. Non mi sto definendo artista, ma intendo dire che per esempio ho capito che non tutto va bene anche se sei a un certo livello, in un certo momento. Perché ti manca sempre qualcosa a non si arriva mai; penso che non esista un punto in cui si sia soddisfatti completamente, non potrà accadere mai. Almeno penso.
E questa considerazione come ti fa sentire?
Devo dire che mi mette tristezza, se devo essere sincero. Mi mette proprio tanta tristezza perché uno magari pensa ‘ma allora che lo faccio a fare?’. Però è proprio questa tristezza che viene mutuata in canzone. Sai una cosa? Ho capito anche che tantissime volte io vivo male per scrivere meglio, perché poi è una soddisfazione. E sì, ci può essere autolesionismo in questo però è una vera soddisfazione, e mi piace un sacco smentire gli altri. È grazie alla musica che riesco a riempire il mio bicchiere vuoto, il fare musica in sé mi dà un senso piacevole al di là del risultato. Quasi chi se ne frega di come va, mi frega più del fare.
Quando ci siamo incontrati a maggio 2023 praticamente avevi da poco messo piede fuori dalla casetta di Amici. Ora, vedendola un po’ in prospettiva, cosa ti resta addosso di quella esperienza?
Non capivo niente letteralmente! Beh, mi è rimasto addosso il me dell’anno scorso. Ovvero che me lo porto di fianco, metaforicamente parlando, per vedere gli errori e cercare di non ripeterli. E lo guardo come se fosse una copertina una rivista di ‘dismoda’, qualcosa da non copiare. Voglio reinventarmi sempre.
In questi mesi è spuntato fuori qualche amico del passato, anzi è successo in maniera magari un po’ più frenetica. E spesso mi hanno dato la colpa che non rispondevo… Però era la prima volta che mi contattavano in questa maniera, chi era lo strano dei due? Alla fine, l’ho sempre presa bene perché nessuno è inferiore o superiore. Si è sempre amici e chissà cosa avrei fatto io nei loro panni. Non lo so e non mi interessa, io vado per la mia strada. Le amicizie si perdono, si riconquistano e se ne conoscono altre. Funziona così la vita.
Ora torni con un nuovo singolo, Primo al mondo, che spaccato di vita racconta?
Racconta un lungo periodo. Parte dall’idea della prima volta e del fare le cose cercando di riflettere senza usare l’istinto. Io sono una persona molto istintiva e ho raggiunto questa consapevolezza di me stesso in questi mesi in cui sono stato fermo musicalmente dal punto di vista pubblico ma ho lavorato in studio. Tante volte le persone pensano che non sai facendo più niente se non pubblichi sui social, ma un artista sta progettando, sta capendo e riflettere su se stessi è un lavoro. Mi sono preso del tempo per me. Primo al mondo racconta un po’ questo lungo periodo, di certi miei sbagli e di come affrontarli. Che si tratti del rapporto con una ragazza in cui ho sbagliato oppure con una discografica.
Quanto sei severo con te stesso?
Un sacco, sono molto autocritico. Prima di far uscire una canzone, per esempio, devo farla ascoltare 25mila volte e sentirmi dire che è bella. Ho paranoie costanti. La prima persona a cui faccio ascoltare un brano è sempre mia mamma: inutile, nessun tipo di ragazza potrà mai prendere il suo posto ne sono convinto. Mi son fatto da solo, allo specchio, anche un tatuaggio e non sarà bello ma per me lo è. Tu pensa che per 21 anni io ho sempre dormito di fianco a lei non perché ci mancasse una camera o altro, ma perché volevo stare lì. Primo al mondo le piace un sacco e quando qualcosa piace a lei allora piace anche. Se piaci a mia mamma, piaci anche a me.
Il concetto di primo non è solo quello di vincente ma comporta il sentirsi unico anche in termini di inadeguatezza, e quindi solo. Che rapporto hai con la solitudine?
Si ricollega a quel concetto di vivere male per scrivere meglio, per cui potresti anche vivere bene ma preferisci non farlo. Conosco una pittrice, per esempio, che fa i quadri non li vuole vendere e se li vuole tenere per sé perché è innamorata delle sue cose. Si tratta di quadri cui potrebbe guadagnare ma non gliene frega niente. Ecco, io non confido nei soldi ma confido su me stesso e sulle persone che amo. Quindi si è soli ma non si è mai soli.
Nel tuo caso, quando pubblichi una canzone come vivi questa ‘separazione’?
Ah no, non sono come quella pittrice. Per me è bello tirare fuori le cose anzi, fosse per me, trierei fuori di tutto. Anche io che parlo con solo un violino sotto: più roba si fa uscire, più le persone ti conoscono sotto diversi aspetti.
Quale è stata la scintilla da cui sei partito per la scrittura del brano insieme ad Andrea Bonomo?
Il concetto di Primo al mondo è venuto in mente a lui se non mi sbaglio. Mi stava facendo un complimento, quasi una cavolata eh. Poi il testo è venuto fuori veloce, tanto che io avevo il dubbio che non fosse troppo buono. E allora, mi ha raccontato una storia che non scorderò mai; Andrea è un amico oltre che un collaboratore.
Ti va di raccontare quell’aneddoto anche a noi?
Allora, mi disse che Picasso una volta andò da Walt Disney che gli chiese di realizzare un ritratto di Paperino. Ecco, lui disegnò in pochi secondi chiedendo poi un prezzo enorme per la sua opera. “Ma hai impiegato cinque secondi…”, commentarono. Picasso replicò: “No, ci ho messo 61 anni e 5 secondi”. Questo per dire che c’è una storia dietro ogni cosa, anche se ci si mette poco. E Andrea ha alle spalle un’esperienza di anni. Anche l’istinto si crea, come la fortuna.
Ci sarà anche un videoclip del singolo?
Sì, sicuramente. È ambientato in una stanza che ricrea più o meno la mia stanza. Io mi sveglio la mattina e, adesso la prima cosa che faccio, è andare nella mia stanzetta e registrare. Nel video ci sono io nel mio microcosmo, che passeggio e canto con le cuffie circondato da piccoli oggetti chùe mi rappresentano
Questo brano che tipo di percorso inaugura?
Inaugura un percorso anzitutto di sincerità, questo è il primo sinonimo che userei. Per me è l’input della mia sincerità e questo pezzo che mi porterà a nuove musiche simili, magari un EP prima dell’estate e poi un tour.
Oggi wax come si descriverebbe a chi non lo conosce?
Eh… un ragazzo che fa quello che può per lui e per le altre persone. Sono ossessionato dal far star bene gli altri, ho proprio questa ossessione per cui gli altri non stanno bene, non riesco a stare bene neppure io. Faccio musica e mi piace fare musica e faccio quello che posso per la musica.
Foto da Ufficio Stampa / Red Communications