Era la fine degli anni 80. La musica che le radio suonavano sapeva di plastica e c’era una nuova generazione di musicisti che amava sperimentare. Duran Duran, Nick Kamen, Jovanotti, Spagna dominavano le classifiche italiane, mentre a New York un gruppo di ragazzi afro americani (e uno inglese), decideva di suonare heavy metal. In mezzo a decine di band metal composte da ragazzi bianchi, spesso non troppo bravi a suonare, arrivarono quattro neri, tecnicamente divini, che presero l’heavy metal e lo imbottirono di groove e note musicali. Erano i Living Colour, la loro carriera fu breve, ma ebbe un impatto ancora udibile su tutta la scena rock.
Dopo due album di grande successo, Vivid e Time’s Up, tantissime date e premi prestigiosi (tre MTV Awards come miglio band emergente, miglior video e miglior performance), qualcosa nello loro irrequietezza musicale ha preso il sopravvento e nonostante l’uscita nel 1993 di un nuovo album (Stain), nel 1995 i Living Colour si sciolgono.
Il gruppo ha lasciato un vuoto che molti rimpiangono e anche se i membri della band, separatamente hanno continuato a produrre musica, a molti quella combo magica è mancata.
Con vari cambi di formazione seguono due album, Collideøscope (2003) e The Chair in the Doorway (2009) che non arrivano al successo degli esordi.
La band newyorkese ha appena annunciato l’uscita del sesto album in studio, Shade, unica produzione dopo otto anni di pausa. Ci sono voluti quattro anni di lavoro per registrarlo (anche a causa dei molti impegni musicali dei singoli elementi) e uscirà a settembre.
Ci sono voluti quasi 4 anni per registrare questo album. Abbiamo affrontato problemi con il manager, case le discografiche e impegni di ognuno di noi, ma finalmente ce l’abbiamo fatta. Parte del tempo ci è servito perchè non volevamo accettare compromessi, anche a livello sonoro. Dovevamo farlo a modo nostro. Credo sia andata bene, anche se ci sono delle cose che devono essere ancora sistemate.