Della nuova stagione di Boris – la quarta – abbiamo parlato alla Festa del Cinema di Roma anche con Paolo Calabresi, Ninni Bruschetta, Carlo De Ruggieri e Alessandro Tiberi. Un’occasione per chiedere ai protagonisti di Boris cosa è effettivamente cambiato in questi anni di assenza.
«Le dinamiche non sono mai cambiate, sono cambiati i referenti. – ci risponde Calabresi – Quelli che un tempo si sarebbero definiti i padroni del vapore. Oggi è diverso da allora e giustamente è stata scritta una serie che parla di questo. Con la stessa lucidità e la stessa buona cattiveria. Il problema è che oggi il padrone del vapore non lo identifichi, oltre che non vederlo. Si complica tutto un po’».
«Ci sono anche specificità su cui si può ironizzare», aggiunge De Ruggieri. Mentre Bruschetta ribadisce il senso di quella «linea gattopardesca» già citata in conferenza.
«Non è solo Il Gattopardo – continua – è la storia del mondo, nulla di nuovo. È sempre la stessa storia. La cosa bella è che cambiano la modalità e il linguaggio. Questo rende Boris moderno e ancora più divertente».
Quanto si sentono boomer i protagonisti di Boris?
Durante il lockdown, Boris è stato scoperto – grazie alle piattaforme – dalle nuove generazioni. Un fenomeno curioso, di cui chiediamo conto ai protagonisti.
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«Ho sentito dei ragazzi delle scuole medie a Milano dire La dovevi smarmellare di più. – ci dice Ninni Bruschetta – Mi ha colpito tanto, perché entri nel linguaggio che è una cosa bella e importante. Il giorno in cui l’Accademia della Crusca ci comunicherà che smarmella sta nel vocabolario sarò molto felice».
Del resto, più che sentirsi boomer, il cast di Boris ci dice di «esserlo».
«Nasco senza social – commenta Tiberi – e penso di essere boomer per come mi ci sono poi rapportato. Però è anche il terreno naturale di Boris quello dei social, dei meme, dello streaming. È proprio il terreno suo, Boris deve stare lì, è stato scelto come prodotto dai giovani».
E, sul finale, è Ninni Bruschetta a regalarci una chiosa leggendaria: «Boris è un classico e un classico non smette mai di dire quello che hanno da dire».