L’attrice torna in scena insieme a Mariella Nava con ‘Figlio non sei più Giglio’, un testo di Stefania Porrino prodotto da Bottega-Poggi Srls e realizzato grazie alla collaborazione di Global Thinking Foundation. Dopo le 17 repliche dello scorso anno, lo spettacolo riprende a ottobre con due appuntamenti speciali: il 30 ottobre alla Camera dei deputati e l’11 novembre presso il Teatro Villa Lazzaroni di Roma, con il supporto di Banca Generali con una raccolta fondi per il Telefono Rosa
Un ruolo scomodo, quello che porta in scena Daniela Poggi: per la prima volta sul palco, la madre di un colpevole reo confesso di ‘femminicidio’. Una donna e una madre che si ritrova spalle al muro di fronte a un dolore che le trafigge il cuore, l’impossibilità di perdonarlo e le mille domande su come suo figlio possa aver compiuto un gesto così efferato. Un ruolo in cui la Poggi scardina quelle certezze che denotano il rapporto tra madre e figlio: “Mio figlio non può aver commesso un atto del genere, vi state sbagliando”. Invece, quel figlio tanto desiderato, generato, cresciuto ed educato, è un assassino.
Daniela Poggi, quante emozioni e quali riflessioni volete scatenare nel pubblico con questo lavoro teatrale?
“Nulla dev’essere dato per scontato, in un rapporto d’amore. Tanto più in un rapporto madre/figlio, che comprende l’educazione, la crescita e la possibile conoscenza di quella creatura che è stata generata da lei. Nello spettacolo cerchiamo di scardinare le famose ‘certezze’ di questo rapporto. La vera vittima non potrebbe forse essere la figura della madre, che lui stesso vorrebbe uccidere per recidere, finalmente, quel cordone ombelicale che spesso è opprimente, oppressivo e forse castrante nella sua crescita di figlio maschio?”
E’ una critica alle ipocrisie dell’educazione familiare?
“In una società come la nostra, in cui nessuno si guarda più negli occhi, incapaci di riconoscere l’Altro come un essere prezioso, non ci rendiamo nemmeno conto che dietro alla violenza perpetrata nei confronti di un essere animale, già esiste il seme della violenza, che può sfociare verso un essere umano. Un genitore attento nell’osservare il proprio figlio durante la crescita può accorgersi che quell’azione violenta verso un piccolo essere, vede il taglio della coda di una lucertola o le sevizie a gatti, cani o altri animali, denota già una possibile inclinazione a sentirsi legittimato a eliminare la vita di qualcun altro, per provare la sensazione di riconoscersi potente e padrone di distruggere una vita così in un attimo, per gioco”.
Il titolo dello spettacolo è molto particolare: cosa significa?
“Per sottolineare l’universalità del dolore di una madre di fronte alla perdita di un figlio. L’autrice, Stefania Porrino, ha utilizzato la famosa lauda drammatica di Jacopone da Todi, ‘Il pianto della Madonna’, rovesciando la situazione: Jacopone parla del dolore di Maria che vede suo figlio innocente – il ‘figlio, amoroso giglio’ – ingiustamente condannato a morte; la protagonista del testo, invece, è una Maria moderna, che soffre la morte non fisica, bensì morale, della creatura che ha partorito: un figlio che non le è più figlio. Un figlio colpevole, dunque, che al contrario di Gesù per Maria “non è più giglio”.
Come affronta la possibilità del perdono, nei confronti di suo figlio assassino?
“All’inizio dello spettacolo, di fronte alla richiesta di mio figlio di essere perdonato gli rispondo: “Non riesco, non posso, non voglio”. Alla fine, invece, dopo aver sviscerato tutto il dolore che provo e che mi lacera l’anima, nella lettera che indirizzo a lui, perché non ho la forza e il coraggio di incontrarlo in prigione, gli dirò che potrò perdonarlo solo il giorno in cui avrà affrontato il suo percorso interiore, molto doloroso, per diventare un ‘Uomo Nuovo’, capace di amare e rispettare il prossimo. Sul tema del perdono esistono molti testi, ma sempre mi chiedo: io sarei capace di perdonare veramente con il cuore e non solo a parole?”
Ultimamente, nei suoi monologhi teatrali lei affronta sempre tematiche alquanto scomode: come mai? Una svolta verso il sociale?
“La vita è un duro percorso, che comprende non solo la tua, ma anche quella di molte altre anime. Per me, vivere vuol dire condividere con tutte queste anime che voce non hanno e che chiedono di esser prese in considerazione. Racconto la povertà, l’immigrazione, la perdita del lavoro, la violenza sugli animali, la violenza verso l’ambiente, la malattia dell’Alzheimer e la tragedia dei minori abbandonati e il traffico di organi. Sono un’attivista in tutti i sensi: una combattente per la giustizia, il rispetto e l’armonia. Mi piace pensare che, in fondo, il carisma che mi è stato donato debba essere utilizzato. Soprattutto oggi, che sono più matura. Soprattutto, per i temi sociali. In un certo senso, è una ‘mission’: fermo restando che, essendo un’attrice, ho sviluppato anche altre sfaccettature artistiche. Per esempio, mi diverto molto a interpretare anche ruoli brillanti: sono molto ironica e mi prendo continuamente in giro”.
Date e teatri
20 ottobre: Tolentino (Mc) – Politeama, ore 18.00
26 ottobre: Massarosa (Lu) – Teatro Manzoni, ore 21.15
30 ottobre: Camera dei Deputati – Roma (su invito)
11 novembre: Roma – Teatro Villa Lazzaroni, ore 21.00
18 novembre: Trento – Teatro San Marco, ore 20.30
25 novembre Massa – Teatro Guglielmi
29 novembre San Quirino (Pn)
30 novembre Albenga (Sv) – Teatro Ambra
6 dicembre Budoni (Ot) – Anfiteatro Comunale
Nel 2025
6 marzo San Sepolcro (Ar) – Teatro Dante
7 marzo Castagneto Carducci (Li) – Teatro Roma, ore 21.00
Intervista di Vittorio Lussana