Dal ‘pentolone fiorentino’ continuano a emergere talenti artistici particolari, armati di ottime idee, che continuano a vivacizzare il nostro panorama artistico, come nel caso di questa ‘toscanaccia’ trasferitasi a Roma per conquistare il cuore del pubblico capitolino
Nel panorama artistico italiano, anche la ‘piazza toscana’ va tenuta in considerazione, poiché ‘sforna’ personaggi e talenti a ‘getto continuo’. Negli anni ’70 del secolo scorso emerse, per esempio, il ‘ciclone’ Roberto Benigni; nei successivi anni ’80 fu la volta dei ‘Giancattivi’ (Francesco Nuti, Alessandro Benvenuti e la splendida Athina Cenci); infine, giunse l’epoca di Leonardo Pieraccioni e Giorgio Panariello, anch’essi molto simpatici nel dipingere uno ‘sfondo’, quello toscano, che rimane il regno della battuta ‘diretta’, della schiettezza disarmante, dell’ironia che t’inchioda. Ma c’è anche dell’altro che ‘bolle’ nel ‘pentolone fiorentino’. Come nel caso di Ilaria Coppini: un’attrice ‘frizzante’, che si nota immediatamente quando la si incontra per Roma, accompagnata dal gruppo dei suoi amici. Simpatica, divertente, talvolta irriverente, ma anche una gran brava ragazza, che ‘pizzica’ ma non ‘morde’, che ‘punzecchia’ con affetto senza alcuna volontà di ferire l’interlocutore. Un’attenta osservatrice del prossimo: una che ti ‘squadra’ da capo a piedi. Nel privato, si scopre inoltre una ragazza molto sensibile: uno di quei ‘cuori di vetro’ che, ogni tanto, s’incontrano nell’universo femminile italiano. Parla spesso del suo lavoro con i bambini, con i quali si trova meglio, probabilmente perché puliti e innocenti. Ecco da dove proviene la sua ‘carica’ quasi da redattrice de ‘Le jene’: da una vena poetica, da una ‘stanza del tesoro’ in cui questa giovane artista ha cercato una ‘formula’ teatrale innovativa, a mezza strada tra musica, poesia e impegno sociale. Il suo nuovo spettacolo è una rassegna di personaggi femminili inizialmente drammatici, con una lettura ‘urlata’ di ‘Donna’ di Gragnaniello-Martini. Poi viene raccontata la vicenda di una madre che si suicida insieme alla figlia, abusata dal marito, seguita da una toccante interpretazione di ‘Nessuna conseguenza’ di Fiorella Mannoia. Infine, la liberazione catartica di un monologo brillante, intitolato ‘Bocca di rosa’, in dialetto toscano, per alleggerire con un po’ di irriverenza lo spettacolo. Roba ‘forte’, finalizzata a prendere per mano alcune figure femminili per liberarle, al fine di farle rialzare, anche fisicamente, dal baratro in cui erano cadute. Una ‘pièce’ impegnata, ma dotata di ‘contrappesi’ ironici senza cercare la trasgressione a tutti i costi, arricchita dalle canzoni più belle del nostro panorama ‘cantautoriale’ trasformate in poesia. Ecco, dunque, il resoconto di una nostra ‘chiacchierata’ con questa gradevole artista, durante una bella serata trascorsa insieme ai suoi amici più cari.
Ilaria Coppini, lei è un’attrice fiorentina molto simpatica stabilitasi da qualche tempo a Roma: perché ha scelto la capitale d’Italia per esercitare la professione di attrice?
“Dopo aver iniziato la mia carriera a Firenze e dintorni, verso i 23 anni, tra teatro, cinema indipendente e televisione, ho deciso di allargare i miei orizzonti, trasferendomi a Roma intorno ai 26 anni”.
Roma è enormemente più estesa di Firenze, ma ha il problema delle grandi città: tanti pregi e tantissimi difetti, tra cui quello di non offrire molte opportunità: lei cosa ne pensa?
“Opportunità ce ne sono, anche troppe direi e a vari livelli. Roma è un labirinto in cui devi imparare a districarsi: è un mestiere anche questo. Non basta un solo filo di Arianna…”.
Che tipo di attice ritiene di essere? Una caratterista? Una mattatrice del genere comico-brillante? Una ‘toscanaccia’ versatile?
“Avendo una formazione ampia, iniziata a 11 anni, ho fatto crescere, col tempo, vari aspetti artistici, che forse hanno coinciso con la mia maturazione personale. Ritengo di avere sia un registro brillante, sia uno drammatico. Come nella vita, anche sulla scena sono diretta e tendente alla sofferenza, sensibile ed emotiva, ma cerco di alleggerire con ironia certi dolori. Una maschera da caratterista con una verità triste e drammatica, ma io, in generale, amo di più la verità. Non potrei rinunciare a nessuna parte di me, né sul piano personale, né artistico”.
Nel suo curriculum spicca, oltre alla scuola di formazione ‘Galante Garrone’ di Bologna, anche un ‘passaggio’ al Teatro della Limonaia, come accaduto, in passato, per Chiara Francini: ma voi fiorentine dovete per forza passare di lì?
“Per quanto riguarda la formazione, la mitica ‘Limonaia’ era ed è un’istituzione. Così come lo era l’altra scuola che ho frequentato da giovane, cioè l’Accademia dei piccoli, che ha frequentato, per esempio, Alba Rohrwacher. E anche la bottega di Gassmann, che stava chiudendo quando cercai di entrarci. Perciò, mi affidai privatamente a uno dei suoi insegnanti: Franco Piacentini”.
Ci parli di questo suo spettacolo, ‘Di donna in donna’, prossimamente in scena al teatro Porta Portese di Trastevere: qual è la peculiarità di questo lavoro?
“Lo spettacolo ‘Di donna in donna’, che sarà in scena al Teatro Porta Portese di Roma il 23 e 24 ottobre prossimi, è come un figlio per me: il frutto di un percorso lungo e, ritengo, ancora in crescita. Attraverso questo lavoro, ho finalmente potuto esprimere me stessa a 360 gradi, avendo avuto l’idea ed essendomi cucita addosso i personaggi con la consapevolezza di una quasi quarantenne che un po’, ormai, si conosce. Ho ritenuto di dirigermi da sola, correndo un bel rischio, ma sono aperta a eventuali collaborazioni che entrino in empatia e sintonia con questo mio pezzo di cuore”.
Siamo sicuri che non si tratta del solito monologo dell’attrice di belle speranze che approda a Roma e ne rimane delusa? Oppure che si disperde nel raccontarci i fatti suoi?
“A parte che non ho nulla in contrario ai ‘soliti’ monologhi, al femminile o al maschile, purché ben ideati, ben diretti e ben interpretati, io metto in scena tanti ‘brevi’ monologhi, intervallati da assoli di violino, per creare un dialogo tra parola e musica. Quest’ultima prende per mano la donna, facendole percorrere le pieghe della sua anima con amore, segnando i passaggi emotivi da un personaggio all’altro. Inoltre, il ritmo è serrato, con molte variazioni emotive”.
Uno spettacolo che utilizza il repertorio cantautoriale italiano per descrivere l’universo femminile: un’idea diversa per non proporre la solita ‘solfa’?
“Da sempre, amo tantissimo i cantautori italiani. Un bel giorno di un anno fa, dopo essermi rotta un piede, mi misi a leggere per me stessa questi testi ad alta voce, per consolarmi e ‘coccolarmi’, visto che non li posso cantare per la mia proverbiale incapacità canora. E mi è venuta voglia di dire quelle cose, oltre che a me stessa, agli altri. Così, è nato il piccolo bocciolo di ‘Di donna in donna’: un’urgenza comunicativa, dato che questi testi, senza le musiche, possono trasformarsi in monologhi, o narrazioni, o testi poetici. Un omaggio fatto con amore a questi meravigliosi autori, che spero possano, un giorno, darmi la loro opinione sul mio lavoro”.
Quale ‘femminile’ intende mettere in luce? La donna romantica? Quella emancipata, che vuole affermarsi nel suo lavoro? Quella penalizzata? Quella dissociata tra i recinti del familismo amorale e la lunga, lunghissima, via dell’arte?
“Si parte dalla donna che subisce violenza, per arrivare a una liberazione da essa, passando per la poesia, l’amore e l’ironia. Poi, c’è la violinista, Svetlana Solodka, che rappresenta una sorta di mio ‘alter ego’. Ah! Dimenticavo: molti danno per scontato che ci saranno le musiche corrispondenti ai testi, ma non è così. Solo repertorio classico: musica classica”.
Ci dica qualcosa della sua vita privata: ha un fidanzato, un marito, un amante, una fede politica di riferimento?
“Sono single, non ho capito se per scelta mia o degli altri. Tuttavia, spero sempre di poter trovare la persona giusta. A volte, mi chiudo per delusioni e sofferenze, poi mi riapro e mi rimetto in gioco. Politicamente, sono un’attrice e un’artista toscana, con madre emiliana: se fossi di estrema destra, verrei ripudiata…”.
Indubbiamente, come tutte le ‘toscane’, lei è simpatica e ha molta personalità: fare un po’ di televisione? Non se ne parla?
“La ringrazio per il complimento, ma ho già avuto esperienze televisive, sui canali regionali toscani: il classico cabaret a ‘sketch’ con gli autori della Vegastar, che organizzavano il tutto. Si tratta di una fase non rinnego, poiché mi piace usare tutte le mie armi e tutto l’arcobaleno che ho dentro. Sono aperta a offerte di lavoro di vario tipo, come sempre. Ho anche fatto telepromozioni e spettacoli per bambini. Sento proprio il bisogno di esprimerla tutta questa personalità che voi avete notato”.