La notizia aveva suscitato grande clamore mediatico, sebbene la famiglia si fosse mostrata scettica fin dall'inizio: le confessioni di Keith Hunter Jefferson, camionista serial killer, e il ritrovamento dei resti di una donna a Palm Beach avevano riaperto le indagini sulla scomparsa di Ylenia Carrisi, primogenita di Al Bano e Romina Power scomparsa 22 anni fa negli States.
Ad accendere di nuovo i riflettori sulla dolorosa vicenda, alcune "coincidenze": Jefferson aveva fornito un identikit di una donna di nome Suzanne, di cui si era autoaccusato dell'omicidio, che risultava somigliante ad Ylenia. Non solo: anche la Carrisi era solita usare lo pseudonimo di Suzanne quando si trovava negli Stati Uniti.
Questi elementi avevano portato lo sceriffo Dennis Haley a chiedere alla famiglia Carrisi di fornire il DNA per compararlo ai resti della povera donna ancora anonima: la notizia era presto trapelata anche in Italia e si era subito scatenato il tam tam mediatico.
Tanto che Romina Power era stata costretta a chiedere il silenzio stampa sulla vicenda, mentre Al Bano si era detto fin dall'inizio molto scettico su questa nuova pista.
I fatti hanno dato ragione a papà Al Bano: effettuati i test del DNA, la scientifica ha potuto accertare che quella donna non è Ylenia (la notizia è stata diffusa dal settimanale 'Oggi').
La sorte della figlia di Al Bano e Romina, dichiarata morta nel 2014 dal Tribunale di Brindisi dietro richiesta del padre, è quindi ancora avvolta nel mistero.
Al Bano ha commentato, visibilmente deluso, all'ANSA: "Mi auguro che quella che avevo annunciato come una bufala e che si è poi rivelata tale, sia l'ultima. Ora basta"