I gatti possono essere i nuovi Sherlock Holmes delle nostre case, stando a quanto scoperto: il loro pelo sarebbe infatti il modo più veloce e rivelatorio per arrestare ladri, criminali e delinquenti.
Ma perché proprio il pelo degli affettuosi felini? Nelle case in cui risiedono gatti, è praticamente impossibile non trovare i loro peli ovunque. Sui mobili, sul divano e persino sugli indumenti, dove si attaccano con estrema facilità, ovviamente sul pavimento che – per quanto cerchiamo di detergere – non è mail pulito al 100% .
Dunque è altamente improbabile che un ladro, entrando in una casa abitata da gatti, riesca a sfuggire senza un solo pelo del micio aggrappato a sé. Ecco perché un singolo pelo può fungere da connessione tra un sospettato e il luogo del crimine. Per dimostrare questa teoria, i ricercatori britannici hanno coinvolto nel loro studio 119 gatti del Regno Unito, analizzando il loro DNA mitocondriale.
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Il pelo caduto è privo della radice e contiene quindi una quantità di DNA utilizzabile piuttosto limitata. In pratica, è possibile analizzare solo il corredo genetico mitocondriale, ereditato dalla madre alla prole e condiviso tra i gatti imparentati per via materna, come spiega Emily Patterson, autrice principale dello studio.
Pelo di gatti al centro di una ricerca medico-sociale
Finora, analizzando un frammento del DNA mitocondriale del gatto, non era possibile risalire a un singolo individuo felino. Tuttavia, con le più avanzate tecniche, il team di esperti è riuscito a incrementare la precisione dei risultati di ben 10 volte. Attualmente, la sequenza completa del DNA mitocondriale del felino è stata determinata, restringendo ulteriormente il campo di indagine.
Con un maggior numero di informazioni a disposizione, potrebbe essere possibile risolvere casi partendo proprio dai peli dei gatti. I dati raccolti sono promettenti, soprattutto nel Regno Unito, dove circa il 26% delle famiglie possiede un gatto e i ricercatori non escludono la possibilità di testare lo stesso approccio anche per i peli dei cani.
Foto: Kikapress