Non c’è festa che si rispetti che non abbia il suo tipico dolce e a Carnevale è tempo di chiacchiere o, come vengono chiamate a Roma, di frappe. O, ancora, di bugie. Già, perché la tipica leccornia del periodo più colorato dell’anno non ha lo stesso nome in tutta Italia: ogni regione le chiama in modo diverso.
Origine delle chiacchiere
Il nome più comune di questi semplici ma golosi dolci di Carnevale è chiacchiere. Ma perché sono passati alla storia con questo appellativo? Secondo quanto si racconta, pare che un giorno la Regina Margherita di Savoia chiese al cuoco di corte di preparare qualcosa da gustare in compagnia delle sue amiche.
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Detto fatto: Raffaele Esposito, così si chiamava lo chef, preparò proprio questi dolcetti che Sua Maestà e le sue ospiti consumarono tra una chiacchiera e l’altra. Da qui il nome del dolce.
È anche vero che già ai tempi degli Antichi Romani, si era soliti soprattutto nelle fredde giornate invernali, preparare dei dolci fritti la cui ricetta era molto simile a quella delle attuali chiacchiere.
Chiacchiere, frappe o bugie?
Come detto, questo prodotto dolciario tipico del Carnevale è conosciuto con nomi diversi e viene preparato apportando leggere varianti a seconda delle città o regioni in cui ci si trova.
Così quelle che a Roma si chiamano frappe, nel Sud Italia sono conosciute come chiacchiere, mentre in Piemonte e Liguria si conoscono come bugie.
Ma in alcuni posti del nostro Paese, questi dolci hanno dei nomi davvero curiosi: cunchielli, in Molise, sfrappe nelle Marche, crostoli in Trentino e Friuli Venezia Giulia, cioffe in Abruzzo, maraviglias in Sardegna, fiocchetti in Emilia Romagna, ad eccezione di Bologna dove sono note come sfrappole, e addirittura guanti, in alcune zone montuose della Campania, e lattughe in provincia di Mantova e di Brescia.
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