Avete mai visto il Gazometro ad Ostiense? Se si osserva attentamente, si scoprono alcuni particolari che nessuno conosce: ecco di cosa si tratta

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Quando si parla di Roma siamo soliti pensare al Colosseo, i fori imperiali, l’Altare della pace, Piazza Venezia. In realtà la Capitale possiede così tante attrazioni che a volte ce ne dimentichiamo.

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Nella zona della Garbatella, per esempio, non si può fare a meno ci ammirare i tanti murales che compongono il quartiere o restare all’oscuro della storia che si cela dietro il Gazometro ad Ostiense. Tutti almeno una volta lo hanno visto ma quanti ne sanno qualcosa?

Gazometro ad Ostiense, a cosa serviva

Lo chiamano Colosseo moderno o Colosseo industriale. Il suo vero nome è Gazometro ed è situato nei pressi del quartiere Ostiense. Lungo 90 metri con 1551 pali infissi per circa 36 chilometri in totale, 63 metri di diametro. Sono queste le misure del monumento che in passato serviva a immagazzinare il gas di città. Oggi, invece, si è trasformato in un grande manufatto di archeologia industriale.

Un po’ di storia

L’ideatore del colosseo moderno è stato il sindaco Ernesto Nathan che nei primi anni del 900 diede al via ad interventi nella zone Ostiense. All’epoca, vennero costruiti anche il Porto Fluviale, la Centrale Termoelettrica Montemartini, i Mercati Generali, il Consorzio Agrario, gli impianti Mira Lanza e i Molini Biondi ed infine lo stabilimento del gas.

Il Gazometro romano fu realizzato tra il 1935 e il 1937 per mezzo della società genovese Ansaldo per conto della Società Anglo-Romana. Inizialmente serviva ad illuminare Roma col Gaz ed altri sistemi. Successivamente è diventato un simbolo della città eterna e in particolare del X municipio.

Il colosseo industriale faceva parte dell‘Officina di San Paolo, di proprietà di Italgas. Tale società fu dismessa in modo graduale nei primi anni Sessanta quando iniziò ad essere utilizzato il gas metano e naturale. Così, quell’area fu lasciata da parte ma oggi il Gazometro è un nodo di smistamento del gas che collega tutta Roma.

FOTO: SHUTTERSTOCK