Di posti particolari da visitare a Roma ce ne sono davvero tanti. Ma il Museo delle Anime del Purgatorio è davvero unico nel suo genere: ospitato nella sacrestia della Chiesa del Sacro Cuore del Suffragio, detta anche il piccolo Duomo di Milano, raccoglie documenti e testimonianze che provano l’esistenza del cosiddetto limbo, dove le anime dei defunti giacciono in attesa della purificazione.
La storia del Museo delle Anime del Purgatorio
Il Museo delle Anime del Purgatorio è davvero piccolo: un’unica, grande teca su una parete su cui sono raccolti cimeli che testimonierebbero come le anime dei defunti riescano a mettersi in contatto con i vivi per chiedere preghiere in loro suffragio o per aiutarli a convertirsi.
La collezione di questi singolari reperti storico-religiosi ebbe inizio nel 1894 quando nella cappella della Madonna del Rosario si sviluppò un incendio, a seguito del quale il fondatore della Chiesa, padre Victor Jouet, notò che su una parete era impressa l’immagine di un volto sofferente.
Secondo il missionario francese si trattava di un’anima del Purgatorio che si era rivelata al mondo dei vivi. Fu così, che il religioso iniziò a dedicarsi alla raccolta di altre testimonianze in giro per l’Europa, convinto che anche altrove, qualcuno avesse avuto la sua stessa esperienza trascendentale.
La ricerca di padre Jouet trovò l’avvallo del pontefice dell’epoca, Papa Pio X. Il risultato del suo viaggio è oggi sotto gli occhi di tutti i visitatori di questo minuscolo museo.
I reperti esposti nel Museo
Per chi crede nel Purgatorio, i reperti esposti rappresentano la prova tangibile della sua esistenza: vi è un luogo in cui le anime giacciono tormentate, chiedendo solo preghiere affinché si lenisca la loro sofferenza.
Le testimonianze raccolte nel Museo, risalenti prevalentemente al XVIII e XIX, sono una ventina e contengono anche la riproduzione fotografica della prima apparizione di cui fu testimone il fondatore della Chiesa.
Si tratta di pagine di vecchi libri, indumenti, tavolette: tutti oggetti sui quali sarebbero impresse le impronte marchiate a fuoco dei defunti apparsi ai loro congiunti anche molti anni dopo la loro dipartita.
Il materiale in cui entrò in possesso padre Jouet, in realtà, era molto più corposo, ma per le autorità ecclesiastiche gran parte della documentazione prodotta non venne ritenuta autentica.
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