Gli antichi romani non avevano peli sulla lingua quando si trattava di discutere di affari politici e si ricoprivano di insulti in Senato.
Gli antichi romani non avevano peli sulla lingua quando si trattava di discutere di affari politici e si ricoprivano di insulti in Senato.
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Gli insulti al Senato e nelle assemblee popolari
Nell’antica Roma la politica era un affare molto importante che surriscaldava gli animi. Gli insulti erano senza pietà e all’ordine del giorno, un fenomeno tanto comune quanto accettato. Martin Jehne, storico della Technische Universität di Dresda, rivela che durante gli anni della Repubblica (509-27 a.C.), le invettive facevano parte integrante della vita pubblica, soprattutto durante le riunioni del Senato e delle assemblee popolari.
Le assemblee come i comitia e il concilium erano organizzate dai magistrati e rappresentavano la cosiddetta democrazia diretta. L’élite politica romana veniva sottoposta al vaglio del popolo che spesso la ricopriva con una pioggia di insulti. Martin Jehne sottolinea che, sebbene il mondo politico romano fosse duro, esistevano regole: i politici dovevano tollerare gli insulti durante le assemblee popolari senza abusare del loro potere.
Le orazioni di Cicerone
Un esempio notevole di questa pratica brutale è emerso nelle orazioni di Marco Tullio Cicerone, celebre oratore e politico romano del periodo. In un’accusa pubblica, Cicerone puntò il dito contro il suo avversario Clodio, accusandolo di incesto con fratelli e sorelle, una pratica sessuale vietata. Clodio rispose a tono, accusando a sua volta Cicerone di comportarsi come un re quando ricopriva la carica di console, un’accusa che in quel contesto aveva pesanti implicazioni.
Contrariamente alle attuali preoccupazioni sulla lingua utilizzata in pubblico e online, nella Roma antica la questione non era percepita come urgente. Pur essendoci leggi contro l’ingiuria e l’offesa all’onore, le denunce erano veramente rare. Gli abitanti della città erano persino orgogliosi della loro lingua tagliente, considerandola un segno distintivo di urbanitas, contrapposta alla rusticitas di chi viveva fuori dalla capitale. Ne è un esempio lo scambio di ingiurie tra Cicerone e Clodio.
Ciò che sorprende di più è che, nonostante gli scontri verbali violenti, gli avversari politici romani tendevano a superare le divergenze e a collaborare nuovamente, mantenendo rapporti sereni. A differenza di oggi, dove le contese possono perdurare e acuirsi, nell’antica Roma gli insulti erano spesso parte di una performance pubblica, una pratica che contribuiva alla dinamica politica piuttosto che minarla.