Molti sono i locali romani dove è possibile gustare un’ottima pinsa romana. Ma chi è nata prima la pizza o la pinsa romana? E quali sono i vantaggi alimentari di questo piatto tornato alla ribalta?

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È tornata prepotentemente sulle tavole della Capitale e non solo. In tutta Italia la pinsa romana è ormai diventata una delle pietanze più amate insieme alla tradizionale pizza napoletana.
Pizza e pinsa, però, sono simili ma non uguali e hanno tradizioni completamente differenti. Scopriamo allora insieme alcune curiosità di questa sempre più diffusa focaccia.

Pinsa romana, le origini

Partiamo, intanto, dall’etimologia: il termine pinsa deriva dal verbo latino “pinsere” che si riferisce all’atto di lavorare l’impasto per poi allungarlo e stenderlo. Gli antichi preparatori della pinsa, i pinseri, lavoravano a lungo l’impasto per poi stenderlo direttamente sui carboni ardenti.

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Le origini della pinsa non sono note, ma molti testi antichi – anche risalenti all’Antica Roma imperiale – ne parlano, tanto da considerarla comunemente l’antenata della pizza. Di questa pietanza, inoltre, si trova traccia nell’Eneide di Virgilio che racconta di un pasto a base di pinsa tra Enea, appena arrivato a Lavinio, e re Latino.

Pinsa romana o pizza? Quale sono le differenze?

Come indicato chiaramente sul gruppo Facebook di Mercato di Campagna Amica al Circo Massimo, le differenze tra pinsa e pizza classica sono:

-La pinsa è preparata con un mix di farine e con un’idratazione del 75%, è molto più digeribile della pizza classica.

-La lavorazione e la stesura dell’impasto, per la pinsa prevede solo pizzichi con i polpastrelli, per un risultato molto alveolato, croccante fuori e morbido dentro.

-La lievitazione è molto più lunga per la pinsa, minimo 48 ore

Secondo l’antica ricetta contadina, la pinsa veniva preparata con ingredienti semplici come acqua e diversi cereali. Anche oggi, le farine utilizzate per realizzare l’impasto sono varie e possono essere anche mischiate, come quella di riso e grano o di farro e segale.
Se una volta la pinsa, essendo un piatto povero, veniva condita solo con erbe aromatiche e sale, oggi invece la si trova anche farcita con gli ingredienti più comuni, come fosse una pizza.
A differenza della cugina napoletana la pinsa romana è molto più leggera e digeribile: nella lavorazione dell’impasto viene infatti utilizzata molta acqua e la lievitazione può arrivare fino a 72 ore (comunque mai inferiore a 24 ore).
Un’altra caratteristica che la differenzia dalla pizza è la forma: la pinsa romana non viene stesa nella tradizionale forma rotonda ma ovale, anche se è ammessa la variante rettangolare. Infine, deve essere allungata e sottile.
(Foto @kikapress)