Avete mai visitato il quartiere Coppedé di Roma? E’ una delle zone più curiose e originali della città eterna dove vi è racchiusa una storia incredibile di Gino Coppedé da cui prende il nome.
Chiunque lo abbia attraversato almeno una volta non ha potuto fare a meno di vedere un lampadario appeso all’ingresso sotto l’arco trionfale. Che cosa ci fa da quelle parti? Ecco il motivo.
Quartiere Coppedé e la storia del lampadario all’ingresso
E’ da tutti chiamato Quartiere Coppedè, ma in realtà è un insieme di palazzi e ville che vennero edificati in soli 12 anni, 18 palazzi e 27 villini per l’esattezza. L’ideatore del progetto, Gino Coppedè, non riuscì a vedere il risultato finale poiché morì nel 1927, qualche anno prima della fine dei lavori. L’idea dell’architetto era quella di costruire la propria casa e di costruirle per tutti coloro che avrebbero vissuto lì.
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La particolarità che non passa inosservata è senza dubbio il lampadario che fa riferimento alla massoneria, ricerca della luce, vale a dire la luce della conoscenza ed è stato posizionato all’ingresso come un invito ad entrare.
L’architetto lo progettò con le candele, che dovevano essere accese e spente. Infatti, nei due balconi laterali vi abitavano gli addetti all’accensione ed allo spegnimento del lampadario. Per mezzo di un sistema di funi, il lampadario oscillava da un balcone all’altro così da permettere ai due custodi di poter lavorare in modo comodo e veloce.
Questo procedimento, però, non durò molto grazie ad una vera e propria rivoluzione: la corrente elettrica. Coppedè, innovatore nato, colse l’occasione e riuscì a farla arrivare nel quartiere così da essere illuminato completamente. Nonostante la svolta, le abitazioni dei due addetti all’accensione e spegnimento del lampadario rimasero intatte ed oggi sono ancora visibili ai passanti.
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