Presentati i risultati del Progetto Pilota dedicato all’atrofia muscolare spinale e coordinato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore
Roma – Oltre 92mila neonati nel Lazio e in Toscana sono stati sottoposti a screening e 15 bambini sono stati identificati con diagnosi di atrofia muscolare spinale (SMA). Si tratta di una malattia genetica rara caratterizzata dalla mancata acquisizione o perdita progressiva delle abilità motorie, che rende difficili o impossibili anche semplici gesti quotidiani come sedersi e stare in piedi o – nei casi più gravi – deglutire o respirare. Questi sono i risultati del Progetto Pilota di screening neonatale coordinato dal Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, Campus di Roma e realizzato in collaborazione con i Centri Nascita di Lazio e Toscana, le Istituzioni Regionali, il sostegno dell’associazione Famiglie SMA e il supporto non condizionato dell’azienda farmaceutica Biogen.
Le conclusioni del Progetto sono state presentate oggi all’Università Cattolica alla presenza di Claudio Grassi, Vice Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia e direttore del Dipartimento di Neuroscienze, Università Cattolica; Giovanni Scambia, Direttore Scientifico, Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli – IRCCS; e Marco Elefanti, Direttore Generale, Università Cattolica e Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli – IRCCS.
Lo studio nelle due Regioni è stato il primo realizzato in Italia, un unicum nazionale durato due anni (settembre 2019/2021). Ha permesso l’accesso a un test genetico universale, volontario e gratuito, per la diagnosi precoce di una patologia che si manifesta prevalentemente in età pediatrica. In Italia nascono ogni anno circa 40-50 bambini con la SMA; in assenza di trattamento farmacologico, è la prima causa genetica di mortalità infantile. Una goccia di sangue prelevata dal tallone poco dopo la nascita consente la diagnosi precoce e il trattamento tempestivo della patologia, prima che si manifestino i sintomi e si producano danni gravi e irreversibili.
In base ai dati del progetto pilota e a quelli disponibili in Letteratura, bambini con diagnosi predetta di SMA grave, che avrebbero avuto un’aspettativa di vita inferiore ai due anni per la storia naturale della malattia, hanno avuto l’opportunità di una diagnosi e presa incarico tempestive permettendo così, nella maggior parte dei casi, il raggiungimento di tappe di sviluppo motorio sovrapponibili a quelle dei bambini non affetti, fino ad acquisire la deambulazione autonoma.
“È una svolta storica per la nostra comunità, perché la diagnosi precoce unita a interventi tempestivi è in grado di cambiare la storia naturale della malattia. La diagnosi non sarà più una condanna ma un salvavita”, sottolinea la Presidente di Famiglie SMA, Anita Pallara. “Stiamo raccogliendo storie fino a due anni fa impensabili. Come quella di Filippo [i nomi sono di fantasia, N.d.R.], uno dei primi ad essere stato individuato nel Lazio tramite il test e sottoposto a terapia quando non aveva neanche un mese di vita. Oggi ha uno sviluppo motorio pari ad un bambino sano. Sara ha avuto la diagnosi in Toscana, e oggi riesce a stare in piedi e a mangiare autonomamente”.
“Lo studio ha raggiunto nei due anni traguardi importanti”, evidenzia il responsabile del progetto, Francesco Danilo Tiziano, dirigente medico di Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli – IRCCS e professore associato di Genetica Medica, Università Cattolica. “Ha diffuso la consapevolezza e la conoscenza della SMA. Grazie al lavoro e alla collaborazione dei Centri nascita delle due Regioni, l’adesione delle famiglie è stata altissima, raggiungendo circa il 90% dei neonati. Ha inoltre permesso di stabilire la reale dimensione epidemiologica della patologia, indicando un’incidenza della condizione superiore all’atteso, 1/6160 circa”.
Risultati che dimostrano la validità di un progetto che grazie all’impegno delle due Regioni proseguirà oltre la scadenza stabilita, nell’ambito dei rispettivi Servizi Sanitari Regionali.
“Lo studio ha dimostrato tutta la sua validità”, sottolinea l’assessore alla Sanità della Regione Lazio, Alessio D’Amato. “Ci ha permesso di avere una diagnosi precoce, fondamentale per migliorare l’intero processo di cura del paziente, e la tempestiva presa in carico cambiando radicalmente l’evoluzione della malattia stessa. Visti gli ottimi esiti clinici abbiamo deciso di garantire le stesse opportunità di diagnosi e cura da parte dei nuovi nati e delle loro famiglie rendendo disponibile il programma di screening a tutti i neonati del Lazio attraverso la rete regionale dei Servizi dello Screening Neonatale”.
“Come Regione Toscana abbiamo sempre cercato di offrire, tramite lo screening neonatale, le più aggiornate opportunità di diagnosi precoce e cura per patologie ad elevata morbilità e mortalità”, spiega Simone Bezzini, assessore al diritto alla Salute e Sanità della Regione Toscana. “Abbiamo aderito al progetto pilota insieme con la Regione Lazio e siamo commossi dai risultati per la vita dei 15 neonati diagnosticati e per le loro famiglie. Ci siamo impegnati per garantire, dal termine della sperimentazione, il proseguimento dello screening SMA nel programma regionale e riteniamo questa esperienza una pratica di utile riferimento non solo per una prossima estensione a livello nazionale, ma anche per altre patologie simili. Abbiamo potuto contare, come in altri interventi attivati in Toscana, sul nostro sistema screening, coordinato dalla AOU Meyer, ma anche sul supporto sia dei privati che dell’associazionismo, confermando l’importanza di assicurare sinergie a tutti i livelli. Un percorso complesso che da una goccia di sangue arriva fino alla presa in carico dei piccoli pazienti in centri selezionati per la loro competenza, passando attraverso l’attivazione dell’accesso a terapie innovative dedicate. Per questo ringrazio tutti coloro che hanno lavorato con professionalità e dedizione rendendo tutto questo possibile”.
Lo screening neonatale per la SMA nel Lazio e in Toscana ha già cambiato il destino di 15 neonati e delle loro famiglie, ma l’obiettivo raggiunto è ancora più ambizioso: ha dimostrato infatti che è possibile estendere l’esperienza a livello nazionale, così come già avviene negli Stati Uniti o in Germania, dove è stato inserito nell’elenco di quelli raccomandati a livello Federale. Nel novembre 2020 è stato istituito al Ministero della Salute un gruppo di lavoro sullo screening neonatale esteso (SNE) con il compito di revisionare la lista delle condizioni soggette a screening neonatale obbligatorio e definirne il protocollo operativo e di gestione. Dopo il parere positivo del tavolo per l’inclusione della SMA, ora si attende un provvedimento ministeriale che renda operativa la decisione.
“Chi, come noi in Biogen, è abituato a lavorare in uno dei settori a più alto tasso di complessità come le neuroscienze, sa che la strada della ricerca è fatta di successi e sconfitte, ma che per essere pionieri bisogna intraprendere, con determinazione e responsabilità, nuovi percorsi”, commenta Giuseppe Banfi, amministratore delegato di Biogen Italia. “Quattro anni fa si è aperta nell’atrofia muscolare spinale una prospettiva nuova, che ha significato un cambiamento importante della storia naturale della patologia, dando una speranza concreta che prima non esisteva. In molti hanno quindi cominciato a dire che nella SMA ‘il tempo è vita’, ovvero che una diagnosi tempestiva avrebbe modificato radicalmente la prospettiva di vita dei bambini e delle loro famiglie. La ricerca scientifica si è quindi trasformata nell’intuizione di testare la fattibilità di uno screening neonatale, con un progetto pilota che è diventato una straordinaria realtà di salute pubblica e un efficiente modello di partnership pubblico-privato, con fattive collaborazioni tra istituzioni, mondo dell’industria, comunità scientifica e di pazienti. Siamo orgogliosi di aver sostenuto con forza e determinazione questo importante progetto di sanità pubblica e ci auguriamo possa diventare a breve un diritto per tutte le famiglie e in tutte le regioni d’Italia”.
Lo studio è coordinato dall’Istituto di Medicina Genomica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e realizzato grazie alla collaborazione con la Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS di Roma, l’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” di Roma, l’Università Sapienza di Roma, l’Azienda Ospedaliera Universitaria “Meyer” di Firenze, i Governi Regionali di Lazio e Toscana, i Centri Nascita di Lazio e Toscana, l’associazione di pazienti Famiglie SMA ed è reso possibile grazie al contributo non condizionato di Biogen Italia srl.