È stata presentata in pompa magna, nell’ultimo giorno della Festa del Cinema di Roma, la quarta stagione di Boris. In arrivo su Disney+ dal 26 ottobre, Boris torna con il (fortunatamente sempre solito) graffio, raccontando però un contesto differente. La morente tv generalista è infatti ancora più morente e perfino René e i suoi amici ora lavorano per una piattaforma globale. Giacomo Ciarrapico e Luca Vendruscolo hanno dovuto indubbiamente fare i conti con i tempi che cambiano e con l’assenza di Mattia Torre («In un certo senso sempre presente», dice il cast in conferenza). Il cast è invece rimasto per lo più immutato.
«Alcune dinamiche non sono cambiate perché non siamo cambiati noi. – ci dice Antonio Catania – Ci confrontiamo con un mondo nuovo, quello della tecnologia e delle piattaforme, non capendoci niente. In questo, le nostre dinamiche si confermano poi nelle incompetenze che abbiamo. Figuriamoci se dobbiamo confrontarci con uno che lavora in America! Questo è rimasto. La televisione è cambiata, lo abbiamo visto. In qualche modo, se ti dicono di fare una serie, mettono becco. Lì nasce la nostra arte dello slalom. Nel cercare di barcamenarsi e di portare a casa il risultato».
«Cerchiamo di fare battute scomode che ancora non sono scomode. – dice Luca Amorosino – Lo diventeranno tra un po’».
Del resto, come commenta Sermonti, «Boris è l’unica serie del mondo ad essere amata sia 15 anni fa in tv che su una piattaforma».
«Credo che non ci siano precedenti nella serialità. – continua l’attore – È vero che le cose cambiano, ma non l’intelligenza autorale che è la cifra vera di Boris».
«La scorrettezza è in realtà assoluta onestà» insomma, per citare Carolina Crescentini. Un politically incorrect che sembra aver conquistato, a distanza di anni, anche le nuove generazioni. Tra lo sgomento (e anche la lusinga, ci mancherebbe) di tutte le maestranze coinvolte.
LEGGI ANCHE:>> Massimiliano Gallo: «Malinconico, un non vincente per scelta»
Boris e le nuove generazioni
Proviamo a chiedere al cast se si sono domandati perché le nuove generazioni abbiano apprezzato così tanto un prodotto – se vogliamo – anziano nella realizzazione.
«Facciamo un appello alle nuove generazioni. – scherza Sermonti – Spiegateci com’è stato possibile che vi siete appassionati a questa serie! Io credo sia per l’intelligenza e per quel tipo di linguaggio. Boris è ruspante, casereccio. È unico. Ed è un bisogno che gli adolescenti non sanno di avere, perché racconta il loro mondo, che è molto peggiorato».
«Boris racconta la frustrazione dei giovani, l’essere mobbizzati nel mondo del lavoro», aggiunge Amorosino. «Ed è molto memizzabile. – conclude Sermonti – Questo mondo teoricamente è più buono, ma in realtà è molto più violento. E loro lo sanno assolutamente».
Foto: Giulia Parmigiani/Disney+