Scuola e tecnologia, Riccardo Tavola di Lenovo: «Investire sugli insegnanti e nello sviluppo tecnologico»

Il panorama dell’istruzione in Italia ha subito un profondo cambiamento, con la tecnologia che ora fa parte integrante della vita degli studenti. Oltre agli onnipresenti smartphone (utilizzati principalmente per scopi ricreativi), più del 90% degli studenti possiede almeno un dispositivo personale dedicato alla produttività – come PC, notebook, tablet o smart paper – per le attività scolastiche o universitarie. Sorprendentemente, in un caso su tre, gli studenti hanno addirittura più di un dispositivo sulla loro scrivania. Questi dati emergono dall’Osservatorio Didattica Digitale, una ricerca condotta da Skuola.net in collaborazione con Lenovo, che ha coinvolto 2.500 studenti di età compresa tra i 16 e i 24 anni, principalmente studenti degli ultimi anni delle scuole superiori o universitari.

Ciò che è altrettanto rilevante è la frequenza con cui questi dispositivi vengono utilizzati. Circa la metà degli studenti (48%) li utilizza quotidianamente. Una percentuale che sale al 60% tra gli studenti universitari. Inoltre, il 39% degli intervistati afferma di utilizzarli frequentemente a scopo didattico. Solo poco più del 10% possiede dispositivi ma li utilizza raramente per supportare i propri studi. I dispositivi più utilizzati per scopi scolastici o universitari sono ancora i tradizionali computer, inclusi PC fissi e notebook, che sono la scelta di oltre il 70% degli studenti. Tra questi, il 56% predilige i dispositivi portatili, considerati più versatili. Tuttavia, i tablet e gli smart paper, nuove tavolette che simulano la scrittura su carta, stanno guadagnando terreno e sono utilizzati da circa il 25% degli studenti.

Scuola e tecnologia: carta e penna vs dispositivi digitali

L’uso della carta e della penna per prendere appunti resiste, con il 75% degli studenti che preferisce metodi analogici. Questa preferenza è dovuta principalmente alla comodità (26%) e alla percezione che la scrittura tradizionale favorisca la memorizzazione delle informazioni (33%). Tuttavia, un 10% degli studenti riconosce di non avere le competenze necessarie per utilizzare in modo produttivo i dispositivi digitali. Coloro che hanno invece adottato l’uso di dispositivi digitali per prendere appunti sottolineano i vantaggi in termini di velocità (34%) e organizzazione nello studio (31%). Inoltre, il 14% apprezza il fatto di dover portare meno materiale fisico, come quaderni e block-notes. Un 11% ritiene che l’uso dei dispositivi migliori la qualità e la completezza dei contenuti.

Un punto di svolta si verifica al passaggio dalle scuole superiori all’università. Mentre all’università il 93% degli studenti utilizza la tecnologia quotidianamente o molto frequentemente per scopi didattici, questa percentuale scende all’85% tra gli studenti delle scuole superiori. Inoltre, l’84% degli studenti delle superiori prende appunti su carta, mentre questa percentuale scende al 45% tra gli universitari. La maggior parte degli studenti universitari utilizza dispositivi digitali per registrare le informazioni. Un dato interessante riguarda le finalità per cui gli studenti utilizzano i dispositivi digitali. Gli studenti universitari li utilizzano principalmente per creare contenuti, come appunti, riassunti e documenti per le lezioni e gli esami (52%). D’altra parte, gli studenti delle scuole superiori li impiegano principalmente in modalità passiva, come strumenti di supporto per compiti o ricerche aggiuntive (58%).

Questi cambiamenti nel metodo di studio sono in parte influenzati dalle istituzioni educative. Solo il 20% degli studenti delle scuole superiori afferma di essere incoraggiato a utilizzare dispositivi digitali come supporto allo studio, mentre il 35% riferisce che ne viene sconsigliato l’uso. Negli atenei, circa il 30% degli studenti è incoraggiato a utilizzare dispositivi digitali come supporto alla didattica, e il restante 70% ha la libertà di decidere come utilizzarli. Questa libertà è concessa a meno del 50% degli studenti delle scuole superiori.

Intervista a Riccardo Tavola, Education Manager di Lenovo

I dati della ricerca aprono sicuramente spunti per dibattiti e approfondimenti. Ne abbiamo parlato con Riccardo Tavola, Education Manager di Lenovo.

La pandemia in questa ricerca appare un po’ come uno spartiacque nel rapporto tra tecnologia e educazione. È stato effettivamente così? E in che modo il lockdown ha influito sull’utilizzo delle tecnologie in ambito educativo?
«Durante l’emergenza Covid-19, il digitale ha garantito la continuità dell’insegnamento e dell’apprendimento. Un processo forzato di innovazione tecnologica, passato prima per la didattica a distanza, poi per quella integrata e per quella parallela-mista per giungere, ora, alla richiesta dello sviluppo di una nuova modalità innovativa da affiancare alla didattica tradizionale. Ma gli investimenti della scuola nel digitale non si sono tradotti in un diffuso cambiamento dei modelli di insegnamento e apprendimento. Dopo questa esperienza, occorrono competenze per scegliere cosa e come usarlo, ben sapendo che ciascuna tecnologia orienti in maniera differente il processo di apprendimento e di insegnamento».

Da cosa dipende, secondo Lei, la reticenza delle scuole primarie e secondarie ad integrare la tecnologia nei processi educativi?
«Quello che occorre è una nuova visione in cui il processo educativo entri in un rapporto di collaborazione e non di dipendenza con gli strumenti digitali. Ciò implica nuove competenze, quindi un investimento sui docenti, che permetta di scegliere tra le piattaforme e i device più adatti, senza subirli». 

È un gap che può essere riempito a suo parere?
«Sì. Le scuole che investiranno negli insegnanti e nello sviluppo tecnologico saranno quelle che avranno più successo con gli studenti».

Quali sono secondo Lei i tre asset principali della tecnologia a supporto dell’educazione?
«Accessibilità, competenze e collaborazione. La tecnologia semplifica l’accesso ai contenuti, favorisce lo sviluppo delle competenze digitali e stimola la collaborazione tra studenti, tra studenti e docenti. Con il digitale gli studenti sviluppano maggiori competenze nel lavoro in team, nel problem solving, diventano autonomi in meno tempo in un contesto che mutua continuamente. Passare alla scuola digitale significa metterla al passo con i tempi della generazione dei nativi digitali».

Siamo convinti si possa migliorare la collaborazione tra studenti, tra allievi e insegnanti: le chiederei un approfondimento in merito. Tanti genitori sono convinti dell’esatto contrario.
«Grazie all’integrazione del digitale, oggi la scuola rende disponibili una serie di risorse a studenti, docenti e genitori come mai prima d’ora. Grazie alla semplificazione dell’accesso a queste risorse la scuola può essere più efficace nella didattica, pensiamo a come è più semplice avviare progetti di gruppo, modificarli, validarli, e condividerli. In generale il digitale rende la scuola più accessibile, connessa e più semplice la collaborazione tra le varie parti».

Esiste a suo parere anche un problema economico alla base della questione? Intendo ragazzi le cui famiglie non possono permettersi fattivamente l’acquisto di device. In pandemia si è parlato molto di come famiglie svantaggiate non avessero accesso ai mezzi.
«Dalla ricerca emerge che 9 studenti su 10 possiedono un dispositivo, oltre allo smartphone, dedicato allo studio. Da questo punto di vista c’è stata una forte accelerazione negli ultimi anni. Come Lenovo, siamo impegnati affinché il maggior numero di persone nel mondo ne abbia accesso, perché riteniamo che grazie al digitale avremo una società più inclusiva, sicura e connessa. Sono molti i progetti che abbiamo lanciato per migliorare l’inclusività digitale, ad esempio ricondizionando i PC inutilizzati e mettendoli a disposizione degli studenti che ne avevano bisogno».

In conclusione, quali sono le prospettive future? E come è possibile integrare ulteriormente la tecnologia nel mondo dell’educazione?
«L’opportunità è quella di passare alla scuola digitale, metterla al passo con i tempi delle nuove generazioni e delle competenze del mercato del lavoro. Per fare questo è necessario un nuovo approccio, in cui il processo educativo entra in un rapporto di collaborazione con gli strumenti digitali. Ciò implica nuove competenze, quindi un investimento sui docenti, che devono essere nelle condizioni di scegliere tra le piattaforme e i dispositivi più adatti, in funzione delle sfide che devono affrontare, introducendo quelle soluzioni didattiche che li aiutano a ispirare e potenziare le abilità degli studenti».