L’antica città di Pyrgi continua a essere terra di miti e di misteri: dall’approdo di Leucotea al fantasma del cavaliere nel Castello di Santa Severa.
I castelli, si sa, sono l’ambientazione ideale delle fiabe con i loro principi e principesse e gli intrighi di corte. Ma gli antichi e nobili manieri possono, altrettanto spesso, tingersi di mistero portando con sé storie di fantasmi e leggende capaci di riecheggiare nei secoli. È il caso del Castello di Santa Severa, nel Lazio, le cui vicende ci riportano al periodo in cui la città etrusca di Pyrgi serviva con il suo porto l’antica Caere (oggi Cerveteri).
In quel lembo di terra, un tempo calpestato anche da Greci e Fenici, sorgevano ben due templi, uno era stato innalzato in onore di Uni-Astarte (VI secolo a.C.) e un secondo per Leucotea-Ilizia (V secolo a.C.). Stando al mito della ‘Dea bianca del mare’, che i Romani avrebbero assorbito successivamente con l’appellativo di Mater Matuta, Leucotea era considerata protettrice degli uomini per mare, divinità a cui rivolgersi nei momenti in cui il viaggio si faceva pericoloso.
A differenza degli altri dei, Leucotea aveva vissuto una vita da mortale che l’aveva vista coinvolta in un crimine insieme ai figli. Per le vergogna che ne subì, la donna si gettò nelle acque e il mare, prendendo parte al suo stesso dolore, la trasformò in divinità con il consenso dei Numi. Da qui, il potere della Dea di soccorrere gli uomini quando le onde si fanno tempestose e le insidie della marea possono metterne a repentaglio l’esistenza.
Ma cosa c’entra Leucotea con Santa Severa? Il mito narra che la divinità sarebbe approdata proprio lungo la costa laziale alimentando, così, il culto a lei riservato. Con un salto nel tempo, arriviamo all’età medioevale, quando nel territorio che fu dell’antica Pyrgi fu eretto quello che oggi è noto come Castello di Santa Severa.
L’austero maniero serba da secoli un mistero che alimenta le fantasie (e forse funesta anche il sonno…) di chi vi fa visita. Nel cortile, infatti, sono stati portati alla luce i resti di circa quattrocento uomini vissuti tra il IX e il XIV secolo. E c’è di più: la Sala del Nostromo ospita ben riconoscibile la tomba di un nobile cavaliere, ritrovato sepolto come se si fosse girato sulle ginocchia.
Sono tante le ipotesi fiorite al riguardo ma quella più accreditata vorrebbe che l’uomo sia stato chiuso nel sarcofago ancora in vita. Così, da quel salone, lo sconosciuto cavaliere non se ne sarebbe mai andato via continuando, ancora oggi, a infestare il Castello con la sua anima in cerca di pace.
Articolo di Paola Farina