Un gruppo di archeologici italo-iraniano conduce gli scavi nella “Pompei d’Oriente”, un vero e proprio ponte di collegamento tra civiltà.
Proprio come il Vesuvio fece con Pompei, il deserto iraniano è riuscito a conservare i resti di Shahr-i Sokhta, “la città bruciata”.
Un gruppo di archeologici e specialisti italo-iraniano ha condotto degli scavi per la riscoperta della “Pompei d’Oriente”, qualificandola come un vero e proprio ponte di collegamento tra civiltà nell’Età del Bronzo.
Il risultato è frutto di una stretta collaborazione italo-iraniana. Una collaborazione portata avanti dall’Iranian Center for Archaeological Research e dall’Università del Salento.
Seyyed Mansur Seyyed Sajjadi dell’Iranian Center for Archaeological Research, direttore del progetto archeologico di Shahr-i Sokhta e Dahan-ye Qolaman dal 1997 ci ha raccontato l’inizio della collaborazione:
“Questo lavoro va avanti fino dal 1997 ma nel 2015 volevamo allargare e dare più importanza ai lavori. Era bene avere dei collaboratori anche non iraniani, perciò, dopo varie indagini, abbiamo pensato all’Università del Salento come il luogo più adatto per il lavoro. Abbiamo quindi invitato il professor Enrico Ascalone e i suoi collaboratori a venire a partecipare agli scavi ed alle indagini che si fanno. Fortunatamente il risultato è stato splendido. Siamo riusciti a pubblicare 56 di articoli diversi, 4 libri, presentato ca. 40 conferenze e organizzato un congresso (…)“
Shahr-i Sokhta, l’importanza del sito archeologico e delle scoperta
Come sottolinea Enrico Ascalone, direttore degli scavi nel sito, i lavori hanno permesso di riconsiderare la concezione che abbiamo dei rapporti tra civiltà nell’Età del Bronzo.
“La ricerca ha portato alla luce nuove evidenze sulla formazione proto-statale dell’Iran dell’Età del Bronzo. Siamo riusciti a stilare una nuova griglia cronologica che cambia in modo piuttosto deciso le proposte precedenti. Abbiamo rinvenuto delle proto-tavolette in argilla con annotazioni numeriche, che aprono nuovi scenari sulle formazioni complesse delle società dell’Iran orientale della fine del quarto millennio e tutto il terzo millennio a.C.”
Si tratta di una scoperta rivoluzionaria, che qualifica Shahr-i Sokhta come un punto d’incontro tra le 4 principali civiltà della Valle dell’Indo. Una città dove convivevano diverse civiltà, luogo di scambi commerciali. Il primo melting pot pacifico dell’antichità.
“Shahr-i Sokhta è straordinariamente importante. Si trova in una zona di confluenza culturale particolarmente significativa, perché all’interno di essa convogliano le esperienze maturate nell’Oxus, sia quelle della Valle dell’Indo. E’ chiamata la città bruciata perché quando Stein, archeologo inglese, vide per la prima volta la collina artificiale di Shahr-i Sokhta la città presentava un ampio strato di coltre bruciata, probabilmente dovuta dalla sua distruzione violenta.“
Cosa rappresenta oggi Shahr-i Soktha? Ce lo spiega il professor Seyyed Mansur Seyyed Sajjadi:
“Sappiamo che è una delle città dell’età del bronzo più grandi e più organizzate. E’ un punto di collegamento tra est e ovest, nord e sud, del mondo antico nella parte centrale del medio oriente. (…) Troviamo l’influenza di altri centri urbani come quella della civiltà dell’Asia Centrale, fino al Golfo Persico e dell’area Mesopotamica. (…) Il sito occupava un posto molto importante dal punto di vista geopolitico. I lavori sul campo hanno permesso di conoscere una nuova civiltà, una nuova cultura che si trovava in mezzo tra le conosciute civiltà fluviali dell’Indo, Oxus e di Jiroft ma allo stesso modo fu portatrice di una cultura autonoma, originale del tutto radicata nel territorio e nella storia dell’Iran orientale durante l’Età del Bronzo. Shahr-i Sokhta che visse tra il 3500 e il 2200 a.C. (con le nuove analisi al C14) dovette rappresentare non solo un punto d’incontro tra civiltà ma anche il massimo centro delle culture del Sistan fino al loro improvviso collasso probabilmente dovuto a fattori climatici, come i nostri dati stanno confermando.”
L’importanza del progetto per l’Università del Salento e la collaborazione internazionale
“Siamo di fronte ad una delle più importanti missioni archeologiche italiane e dell’Università del Salento, sia per l’importanza del sito sia per la natura delle ricerche. Indagare in questo sito significa andare alle radici della nostra storia. Un periodo significativo per la storia della civiltà umana, particolare occidentale. E’ un “long distance trade”, uno snodo di un traffico commerciale che muove da est verso ovest, che è molto significativo, a cui sono sottese le dinamiche migratorie.”
Così interviene il Rettore dell’Università del Salento, Fabio Pollice, sottolineando l’importanza del progetto tanto a livello internazionale, ma anche per il prestigio dell’Università.
Enrico Ascalone non manca di evidenziare il risvolto internazionale del progetto, ricordando la fruttuosa partnership con il gruppo di scavi iraniano.
“E’ un progetto che condivido con Mansur Sajjadi che ha una grande esperienza sul campo, è dal 1997 che conduce gli scavi, che devo ringraziare per l’ospitalità. Complessivamente siamo una trentina di persone con l’aggiunta degli operai sul campo. Ci sono diversi specialisti.”
Un progetto di scavi archeologico e non solo…
Raffaele Casciaro, Direttore del Dipartimento di beni culturali all’Università del Salento, sottolinea il forte carattere multidisciplinare del progetto di scavi. Accanto alle attività archeologiche, è stato creato un gruppo di specialisti in altre discipline.
“Si tratta di un progetto multidisciplinare che vede coinvolti diversi colleghi esperti su archeobotanica, archeozoologia, antropologia, topografia e consulenti esterni, da noi cooptati per le loro competenze specifiche. Dalle prospezioni geo magnetiche allo studio della necropoli da parte dell’Università di Monaco. Si tratta di un progetto che è stato possibile per le competenze presenti nel nostro dipartimento, che hanno permesso un’indagine a tutto campo. Di fatto i risultati non sono tardati ad arrivare. Queste nuove competenze hanno permesso di avere dei riscontri scientifici importanti immediatamente.”
“Scavi e Ricerche a Shahr-i Sokhta”, la presentazione del volume
Il risultato degli scavi e di tutto il lavoro svolto in oltre 3 anni di collaborazione italo-iraniana è raccolto nel volume di presentazione “Scavi e Ricerche a Shahr-i Sokhta.
Lo stesso Enrico Ascalone ricorda:
“Nel volume Scavi e Ricerche a Shahr-i Sokhta sono presentate le più recenti attività di scavo per quanto riguarda l’anno 2017, con una presentazione dei lavori meno recenti. Sulla base di questo approccio multidisciplinare si è voluto andare oltre le attività archeologiche, quindi con contribuiti multidisciplinari. E’ un tentativo di fornire una over view sugli scavi di Shahr-i Sokhta. Adesso stiamo lavorando sul secondo volume.”
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